Contestazione o prevaricazione? Matteo Renzi ad Iglesias
Politica Sardegna

Contestazione o prevaricazione? Matteo Renzi ad Iglesias

martedì 30 ottobre, 2012

IGLESIAS, 23 OTTOBRE 2012 - Dopo Nichi Vendola, governatore della Puglia e in corsa per la stessa carica, Matteo Renzi, sindaco di Firenze e candidato alle primarie per la guida del PD, ha scelto il Sulcis come prima tappa del proprio tour elettorale e lo ha visitato il 23 ottobre.

Il fatto non desta meraviglia dal momento che si tratta della zona più povera d’Europa con tassi di disoccupazione preoccupanti e lo stesso Renzi ha motivato la decisione ricordando che «il dramma che vivono il Sulcis, la Sardegna, e tutta Italia deriva da trent’anni di politiche fallimentari che hanno rinviato il problema e oggi portano a un contesto in cui le persone non si fidano più della politica. È arrivato il momento di dire alle multinazionali come Alcoa di rispettare gli impegni e bonificare prima di andar via, per poi investire in un progetto diverso. Bisogna tutelare non il posto di lavoro, ma i lavoratori, quindi aiutarli a cambiare e accompagnarli con il sostegno dello Stato». [MORE]

A Carbonia come Iglesias ad accogliere il candidato, oltre agli ammiratori, è stato uno sparuto gruppo di lavoratori dell’Alcoa, lo stabilimento che più di tutti si trova nei guai, e delle ditte d’appalto, che lo ha contestato.
Eppure il verbo “contestare” non sarebbe corretto. Ad Iglesias, appena ha messo piede fuori dal camper, lo hanno coperto di improperi («buffone») e cori («parole, parole» o «ci avete rotto il…») ed hanno continuato per tutto il tempo della visita, senza dargli la possibilità di parlare pubblicamente, se non qualche minuto.

Renzi si è poi fermato in un bar, dove ha accolto diverse persone ed anche un rappresentante dei manifestanti. Procuratosi una sedia, ha poi improvvisato un pulpito in mezzo alla via e tenuto uno stringatissimo discorso, anch’esso disturbato continuamente: «capisco e rispetto il disagio di chi è in difficoltà per il lavoro e di conseguenza non posso che rispettare profondamente il dolore dei lavoratori dell’Alcoa, dell’indotto, delle Partite iva, della Carbosulcis. Li abbiamo già incontrati a Carbonia, ma ci tenevo a venire anche ad Iglesias. Per un politico è facile andare in televisione e dire quello che pensa senza stringere le mani alle persone. Dico solo questo: spero che le primarie diventino l’occasione per confrontarsi sulle idee e se anche soltanto un ragazzo o una ragazza tornano ad avvicinarsi alla politica ed a crederci nonostante i politicanti di oggi, avremo vinto la partita della serietà, perché oggi l’Italia è ad un bivio: o torna a credere nel futuro cambiando, o sarà condannata ad una crisi che non finisce».

Manolo Mureddu, delegato Cisal, ha affermato per le analoghe manifestazioni contro Vendola che non si trattava di «una contestazione alla persona […] ma alla politica e al fatto che noi non abbiamo certezze sul futuro e non sappiamo se i nostri figli nei prossimi mesi potranno mangiare» e per il caso di Renzi, lui ed altri hanno sottolineato più volte di avercela con «la politica tutta che ci ha lasciati in ginocchio».

Lo stabilimento Alcoa di Portovesme vive una delle situazioni più drammatiche: abbandonato dalla multinazionale statunitense soprattutto per il costo eccessivo dell’energia elettrica, fatica a trovare un compratore sempre per lo stesso motivo. I lavoratori delle ditte d’appalto sono già stati licenziati e quelli dello stabilimento attendono la fine di quest’anno, quando entreranno in cassa integrazione. Negli ultimi mesi si è arrivati ad atti di protesta estremi come il blocco dell’aeroporto di Elmas e i tafferugli con le forze dell’ordine a Roma come a Cagliari.

La rabbia e la disperazione di questi operai è comprensibile, soprattutto per il fatto che gran parte delle responsabilità della loro situazione sono da ascriversi all’inerzia di certa politica passata come presente. Attualmente, ad esempio, invece di proporre l’alternativa ad una produzione che, nell’economia globale, sembrerebbe avere i giorni contati, si continua a battere il tasto delle agevolazioni per le imprese energivore, che la Commissione Europea ha riconfermato fino al 2015. Quindi, se tutto andrà bene, fra tre anni saremo punto e a capo.

Il fatto che a questa situazione locale sia da aggiungersi uno scenario politico che si confonde con quello giudiziario non aiuta di certo.
Per tutti questi motivi si giunge a comprendere i contestatori di Renzi. Comprendere, non giustificare.

Non consentire di parlare a qualcuno che, peraltro, non ha ancora avuto incarichi nazionali ed è quindi lungi dal poter avere responsabilità legate al Sulcis, non è contestazione, ma prevaricazione, prepotenza. Sebbene nello specifico si trattasse di qualcuno che mira a guidare il Paese e quindi potrà avere colpe future, solo due cose si potevano criticare, cioè il programma e le intenzioni. Il primo non ha avuto possibilità di esporlo, per le seconde si fatica a trovare un metodo, ma pare abbiano deciso di criticarle comunque.

Se, infine, avessero voluto lasciare il segno nella memoria di chi potrebbe un giorno governare la Nazione, non sarebbe comunque stato necessario impedirgli di parlare e molto più produttivo fargli domande sul merito, alle quali si era dimostrato disponibile, e criticarne eventualmente le risposte.
Renzi sembra aver ben accolto la contestazione: «i fischi me li prendo anche quando sono rivolti a me figuriamoci quando sono rivolti a una classe politica alla quale non appartengo e che vorrei rottamare. Proprio il Sulcis è il simbolo di una politica che ha fallito», ma non sembra averne colto il risvolto profondo dell’episodio perché se i fischi fossero stati indirizzati a quella classe alla quale lui non appartiene, non avrebbe avuto senso rivolgerli a lui.

Apparentemente, il sillogismo è stato «tutti i politici sono disonesti, Renzi è un politico, Renzi è disonesto» e si è quindi trattato di un atto di qualunquismo. Una brutta parola che si riferisce al Fronte dell’Uomo Qualunque, movimento politico nato nel secondo dopoguerra che si fonda sull’elementare concetto che in politica «sono tutti uguali».

Ideologia, se così vogliamo chiamarla, che nasce nei bar o nei mercati, magari riesce ad affacciarsi in Parlamento, ma poi è sicuro che torna nei bar o nei mercati. Perché dal qualunquismo non si è mai tratto nulla se non l’effetto opposto a quello che si prefigge: o si rafforza la classe dirigente o viene sfruttato da figure carismatico - taumaturgiche.

Eppure va detto che risponde ad esigenze profonde di un disagio che, dal cinquecentesco «Francia o Spagna purché se magna» ad oggi, tradiscono la debolezza delle istituzioni pubbliche italiane. Ed è in quest’ottica che va interpretata l’azione dei contestatori iglesienti. Un atto di per sé sterile se non controproducente, che assume un valore solo se inteso come sintomo dell’insofferenza verso la politica tutta.

Nonostante il giudizio positivo sull’esperienza sulcitana espresso da Renzi sul suo profilo Facebook e la comprensione della difficoltà nel poter credere ancora nella politica, atti del genere non porteranno nulla di utile al territorio perché i mali attuali sono frutto di errori e responsabilità specifiche che rimangono immuni dagli attacchi alla cieca o, addirittura, ne vengono rafforzate.

Marco Secci


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

Entra nel nostro Canale Telegram!

Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!

Esplora la categoria
Politica.