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ANKARA, 17 MARZO 2016 - Nella mattina di oggi, la Germania ha deciso di chiudere nella capitale turca di Ankara l’ambasciata, il Consolato e le scuole tedesche di Ankara e Istanbul. La chiusura è legata a possibili minacce alla sicurezza ritenute «non verificabili in modo definitivo». Queste le dichiarazioni del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier: «Abbiamo avuto indicazioni concrete di un possibile attacco alle rappresentante tedesche in Turchia. Per questo, nella notte ho deciso la chiusura a scopo precauzionale delle sedi diplomatiche».[MORE]
La misura di sicurezza, avviene dopo gli ultimi giorni difficili nella capitale turca, con l’attentato in centro città di appena quattro giorni prima, con la morte di 37 persone per via di un espolosione di un autobus. Già nella giornata di martedì peraltro, l’ambasciata tedesca ad Ankara aveva allertato i propri cittadini sulle possibilità di nuovi attentati. L’ambasciata tedesca è confinante con quella italiana, e non è esclusa la possibile chiusura di ambasciate appartenenti ad altri Stati. La delicatezza della situazione attuale si riallaccia non solo a pericoli legati al terrorismo, ma anche all’imminente Consiglio europeo tra Ue e Turchia, alla presenza dei Capi di Stato e di Governo, circa la questione dei rifugiati di guerra. La nazione turca, ospita infatti un elevatissimo numero di profughi provenienti dal devastante conflitto siriano (ormai avanti da cinque anni) con un cifra pari a 2,7 milioni.
La Turchia, in cambio di ospitalità e salvezza dei profughi, aveva già innalzato l’asticella dell’accordo, non solo dal punto di vista economico (con la richiesta di ulteriori 3 miliardi) ma anche attraverso la richiesta di garanzie circa un futuro ingresso in Europa. Garanzie che l’Europa non è decisa a concedere, a tutela dei diritti fondamentali comunitari, tra cui quello della libertà di stampa, non particolarmente conforme a ciò che accade nella nazione guidata dal presidente Erdogan e dal premier Davutoglu. La partita è aperta ma complessa, in vista degli interessi in campo.
Lo stesso premier italiano, Matteo Renzi è convinto che accordo vi debba essere, a vantaggio di un alleggerimento delle difficoltà della Grecia (si veda la situazione legata a Idomeni, villaggio al confine tra Grecia e Macedonia) ma «non a tutti i costi. Ci sono principi fondamentali come la tutela dei diritti umani e la libertà di stampa». Lo scetticismo di Renzi è legato al fatto che il raggiungimento dell’accordo crei un precedente: «Le regole che saranno valide per la Turchia dovranno essere valide anche per gli altri Paesi da cui ci attendiamo flussi». Le difficoltà di un accordo sono testimoniate dal terzo vertice nel giro di un mese.
Cosimo Cataleta