Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
MILANO, 29 MAGGIO 2013- È una storia di periferia, è una storia da una botta e via, è una storia sconclusionata, è una storia sbagliata. Con le meravigliose parole dell’ultimo singolo ufficiale di Fabrizio De André ha inizio il viaggio immaginifico lungo il quale conduce l’inconsueto musical ‘All’ombra dell’ultimo sole’, in scena al teatro Tieffe di Milano dal 28 maggio al 16 giugno, per la regia di Emilio Russo e testo di Massimo Cotto. Partire dalla fine per scoprire e godere di ogni melodia e di ogni verso di uno dei più grandi cantautori italiani. Il più grande, forse. [MORE]
Un viaggio che prende forma lungo una strada bizzarra, percorsa però con competenza: realizzare un racconto in musica che dia voce e vita ad alcuni dei personaggi più significativi dell’opera dell’artista genovese. Vanno così in scena umanità complesse, vite mutilate dalla sofferenza e dalla povertà, sogni e utopie di grande fascinazione. E tornano a parlare i vicoli genovesi, che tra i loro chiaroscuri sinuosi accolgono, oggi come ieri, esistenze dimentiche e dimenticate; tornano a parlare gli anfratti bui che la maestria di De André ha saputo illuminare d’una luce naturale che restituisse alla borghesia benpensante uno squarcio del reale così com’è, con le sue deformità, con la sua bellezza. Tornano a parlare gli anarchici, i bombaroli, gli ubriachi, le puttane: ciascuno a raccontare la propria storia, le proprie disavventure, il proprio mondo. E le parole si fanno danza e scivolano lungo le note sensuali del Faber, negli arraggiamenti di Alessandro Nidi.
Vite destrutturate che trovano il loro unico baricentro nel rifugio ‘La cattiva strada’, un ritrovo per ultimi e sognatori, disillusi e innamorati. Un locale che stenta ad aprire i battenti perché ostacolato dalla polizia che vede in quei giovani un covo di facinorosi e violenti: è l’eterno conflitto che ha segnato gli anni Settanta e i decenni a venire, quello fra il vecchio e il nuovo, fra una generazione insofferente a schemi precostituiti ed un’altra che in quella rigidità vede una certezza che non può essere scalfita. Ecco perché l’intero secondo atto prende forma fra le mura di una prigione dove i protagonisti vengono rinchiusi dopo una retata: è il perimetro circoscritto in cui si vogliono rinchiudere coscienze ed ideali, ribellioni e dissidi. Invano, però, dacché il nostro destino è di combattere anche se sappiamo che perderemo. Anche se sulle nostre vite pende il giudizio della società, degli uomini dello Stato, col volto coperto da una maschera, così lontani e soli nella loro normalità.
E combattere vuol dire tornare alla ‘Cattiva strada’, dar luce all’insegna, riprendere a sperare. Tornare di nuovo ognuno ai propri sogni, proprio come fanno Bocca di Rosa, Gesù, Nina, Nuccia, il Boccia, Paoluzzo, il Sirena. Tornare a vivere, cullati dalle note magiche di Creuza de mà.
Emmanuela Tubelli