Alcoa Portovesme: il caso delle ditte d'appalto
Economia Sardegna

Alcoa Portovesme: il caso delle ditte d'appalto

martedì 5 febbraio, 2013

 IGLESIAS, 5 FEBBRAIO 2013 - Il 27 dicembre del 2012, a seguito di un vertice al Ministero dello Sviluppo Economico, i lavoratori delle ditte d'appalto Alcoa dello stabilimento di Portovesme, si sono visti esclusi dall'erogazione degli ammortizzatori sociali. È comprensibile come questa situazione li abbia fatti sentire come levoratori e, di conseguenza, cittadini di serie B. 

Per questo motivo, a partire dal 7 gennaio e dunque da ormai quasi un mese, questi lavoratori presidiano la Grande Miniera di Serbariu a Carbonia, simbolo dell'economia locale e, significativamente, sede della visita ministeriale del 13 novembre. Com’è ovvio, questo atto di protesta è rivolto all’attenzione delle istituzioni che sembra latitante da troppo tempo. «Siamo determinati ad andare avanti. Si tratta di usa sfida di speranza, speranza che le cose possano cambiare per avere finalmente quell’attenzione verso la provincia più povera del Paese».[MORE]

Parole di Manolo Mureddu, Rsu Cisl per le ditte d'appalto, che sottolinea come ci sia la sensazione che «ci vengano negati i diritti utili a sopravvivere». La sua impressione, francamente difficile da confutare, è che i lavoratori delle ditte d’appalto, essendo l’anello più debole della catena, subiscano per questo delle ingiustizie, invece di essere maggiormente tutelati.

Il fatto che provvedimenti ovvi come la tutela dei lavoratori debbano essere richiesti con atti estremi di protesta, pensa Mureddu, sarebbero sintomatici di una forte disattenzione da parte delle istituzioni. Inoltre «l’assistenza è prevista per legge, è un valore della democrazia». E, in casi come questo, uno dei valori della democrazia, l’uguaglianza, sembra essere ignorato. Ha aggiunto amaramente quanto sia riprovevole che «la classe dirigente non abbia rinunciato a un euro dei propri privilegi e a noi venga negata la cassa integrazione».

Nonostante le parziali rassicurazioni che sono emerse a seguito dell’incontro al MiSE presieduto dal sottosegretario Claudio De Vincenti del 16 gennaio, l’occupazione è continuata. Secondo una nota del ministero, sarebbe stato verificato che "le risorse stanziate dal Governo e dalla Regione consentono la copertura della cassa integrazione in deroga per il 2012. Per il 2013, è avviata la fase istruttoria per verificare il fabbisogno in relazione alle domande che perverranno dalle imprese dell'area”. E si legge ancora che “il tema degli ammortizzatori è stato affrontato anche in riferimento al collegamento con le politiche attive del lavoro e alla necessità di favorire, con l'attrazione dei nuovi investimenti previsti dal Protocollo del 13 novembre scorso, l'avvio di attività produttive che coinvolgano le imprese dell'indotto”.

E la protesta è continuata perché dall'incontro, lamenta ancora Mureddu, non è si è ottenuto «alcun certificato» che avrebbe almeno rassicurato gli imprenditori. Lo spettro del licenziamento, di conseguenza, non è ancora stato fugato. Infatti, per dirla ancora con Mureddu, «se gli imprenditori proseguono con l'intento di licenziare, perché questa è la loro intenzione, la cassa integrazione non serve».

Il 25 gennaio i lavoratori hanno organizzato una fiaccolata che ha percorso diverse vie di Carbonia, al fine di coinvolgere  unacittadinanza che sembra assente. Nonostante il maltempo, si sono raggiunte le 300 unità di partecipanti. Dopo la marcia, al riparo dalla pioggia, nella chiesa di San Ponziano a Carbonia, si sono succeduti vari interventi riguardanti la situazione anche generale del Sulcis, dai quali è emersa con chiarezza l’idea che gli ammortizzatori non rappresentino la soluzione ma, piuttosto, il passaggio obbligato verso il lavoro. Ma anche quanto la dura situazione attuale sia l'effetto di una politica industriale miope se non incapace.

Necessario, comunque, che gli ammortizzatori vengano erogati anche ai lavoratori degli appalti, perché, ha puntualizzato Mureddu «senza i soldi non ci può essere alcuna dignità. Il nostro dovere è quello di provvedere alla nostra famiglia».

Franco Porcu, primo cittadino di Villamassargia e portavoce del Movimento dei Sindaci del Sulcis, ha voluto raccomandare di «sentirci tutti di serie B». I sindaci, anche se «non possono dare la risposta, hanno il dovere di manifestare la propria vicinanza alla causa degli operai» e promuovere l’unità di tutti per segnalare «al Governo nazionale che deve assumersi il preciso impegno che l’economia rinasca in questo territorio».

Tra i rappresentanti sindacali di categoria Rino Barca, Cisl, ha precisato quanto ritiene che «trovarsi a questa manifestazione sia un preciso dovere di chi abbia perso, rischi di perdere o non abbia mai avuto il lavoro, il dovere è quello di risvegliare le coscienze». Mentre Daniela Piras, Uil, dopo aver ricordato che ogni giorno, nell’arco della crisi, si è lottato per comunicare la difficile situazione degli operai, ha voluto sottolineare che, quanto a dignità, non ne aveva mai vista «tanta quanto in questi lavoratori che lottano per le proprie famiglie». E Roberto Forresu, Cgil-Fiom, ha voluto esprimere quanto sia importante «sia che riprenda l’attuale filiera dell’alluminio, sia che si adotti una diversa politica industriale che abbia come obiettivo il lavoro e nient’altro» richiamando, ovviamente, all’esigenza che si torni all’economia reale.

Tutta la vicenda è vissuta dai manifestanti come un’infrazione del terzo articolo della Costituzione Italiana che richiama all’uguaglianza tra tutti i cittadini e, al secondo comma, impegna la Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
È difficile, rileggendo l’articolo, non pensare che esso stia venendo evaso, quando si vedono intonsi certi privilegi che gravano sulla Nazione soprattutto in un momento di crisi come quello attuale e che, anche se non lo facessero, sarebbero forse discutibili a prescindere, visto che vanno ad agevolare gli agevolati. Per questo non rimane altro che sperare che chi ne sia deputato cerchi in tutti i modi di cambiare l’attuale situazione, portando finalmente al rispetto di quella che è la legge fondamentale dello Stato.

(in foto: una fase della fiaccolata del 25 gennaio)

Marco Secci

 

 

 


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