Yakuza, manga e videogames. Ovvero il terremoto visto dal Giappone
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Ogni popolo ha i suoi spauracchi da affrontare. La paura e la consapevolezza di vivere in una zona ad alto rischio sismico hanno da sempre accompagnato il popolo giapponese. Il Giappone per questo è all’avanguardia nella tecnologia antisismica e negli investimenti formativi sui comportamenti da assumere in caso di terremoto.
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Per esorcizzare la paura di così grandi catastrofi, la produzione artistica giapponese, inclusi anime e manga che, per la loro popolarità e diffusione nella popolazione giovanile rivestono un’importanza fondamentale per la formazione socio-culturale dei giovani, ha spesso messo come sfondo delle proprie opere vicende che alludessero o rappresentassero in modo esplicito i devastanti effetti che può avere una calamità naturale o un bombardamento atomico su di una metropoli come Tokyo. Uno degli esempi più recenti di anime legati a un terremoto, è Tokyo Magnitude 8.0, prodotto nel 2009 e inedito in Italia. Si tratta di una serie tv in 11 puntate, ambientata a Tokyo, che narra le immediate conseguenze di un devastante terremoto di grado 8.0 della scala Richter che colpisce la metropoli nipponica. Protagonisti della serie sono Mirai, ragazzina di 11 anni, e suo fratello Yuki di 7 anni che, in seguito al terremoto, incontrano altri superstiti coi quali cercano di collaborare e spostarsi tra le macerie della città per tentare di ricongiungersi coi propri cari. Anche il famoso cartone Ken il Guerriero era ambientato in uno scenario apocalittici e postatomico, conseguenza di un'esplosione nucleare.
Il modo composto, civile e razionale con cui i giapponesi stanno vivendo e affrontando gli eventi sismici ci ha dato un grande lezione, e denota la familiarità con cui affrontano tali rischi e la consapevolezza di vivere in un paese non facile, insulare, ad altro rischio sismico e vulcanico, con una delle densità più alte del mondo. Il senso di collettività con cui affrontano le situazioni di emergenza è il prodotto della sfida secolare contro le catastrofi naturali, così come contro il nemico di sempre, la Cina. Ha fatto il giro del mondo la scena delle commesse del supermercato che tenevano fermi i prodotti sugli scaffali mentre la terra tremava. Gli stessi supermercati distribuivano prodotti gratuitamente alle persone, sapendo che queste sarebbero tornate per pagarli non appena l’emergenza fosse terminata. In un paese in cui si muore per troppo lavoro, il noto fumettista Hideo Kojima ha fatto sapere ai suoi fan attraverso twitter che avrebbe rallentato i suoi ritmi lavorativi per non sprecare troppa energia elettrica. E lo spirito di collettività non risparmia nemmeno la criminalità organizzata, solitamente non troppo filantropica. Il crimine organizzato in Giappone è in mano alla potentissima mafia giapponese, la Yakuza, il cui nome deriva dalla mano perdente di un gioco – ya (8), ku (9), za (3)- e che conta 80mila perdenti, così si chiamano gli affiliati.
Appena due ore dopo la grande scossa due dei tre grandi gruppi della Yakuza, Inagawa-kai e Sumiyoshi-kai, hanno inviato viveri e beni di prima necessità nelle zone colpite, così come nel 1995, quando la città di Kobe venne rasa al suolo da un altro terremoto. A differenza delle organizzazioni criminali del mondo occidentale, più o meno clandestine, la Yakuza ha uffici, pubblica riviste, e gli affiliati hanno dei veri e propri bigliettini da visita. In molti in Giappone, chiudendo un occhio sulle attività illecite da cui trae profitto, la considerano una specie di organismo parastatale, volto a eliminare la delinquenza comune e di strada, che di fatto in Giappone è pressoché inesistente. Sta di fatto che nei giorni dell’emergenza, in cui i mezzi pubblici vennero bloccati, sia Sumiyoshi-kai che Yamaguchi-gumi hanno aperto i propri uffici e dato rifugio alle persone rimaste in strada, stranieri compresi, cosa ancor più sorprendente dato che la Yakuza fa riferimento a ideali di estrema destra e di purezza della razza.
Sembra un mondo lontanissimo, e lo è.