Vocazioni personali e piatto di lenticchie
Fantasticherie del cuore Calabria

Vocazioni personali e piatto di lenticchie

lunedì 16 novembre, 2015

Prima della riflessione odierna esprimiamo vicinanza e solidarietà al popolo francese e condanniamo il male disumano che ha travolto l’Europa e il Mondo civile.
16 NOVEMBRE 2015 - Ognuno di noi, credente o meno, è in grado di essere luce per l’altro e parte attiva nella costruzione di una società con meno ombre possibili. Nelle fibre umane di ognuno è impressa una vocazione umana, che non può essere distaccata dall’osservanza della Parola. Tutto questo non per precetto o bisogno sociale di appartenenza ad un credo religioso, ma perché attraverso la nostra originaria vocazione noi siamo chiamati a trasmettere vita sulla terra. Non comprendere questo aspetto della missione personale significa compromettere, per la propria parte, la normale armonia collettiva nella quale si opera e a cui dobbiamo il meglio di noi. Una presenza proficua nel rispetto delle leggi umane che non abbiano disconosciuto il valore delle eterne leggi di Dio, a tutela della singola persona, qualunque sia la sua razza o il suo censo. [MORE]

Se l’uomo ha perso con il peccato il potere di dare all’altro e a se stesso anche vita soprannaturale, può comunque, dopo aver onorato la sua vocazione umana con opere e parole, chiedere al Signore di entrare nel mistero della dimensione sovrumana, facendo del suo cuore la casa permanente per sé e per i fratelli dell’insegnamento celeste. Cosa certo non facile, ma possibile, anche se il mondo odierno non permetta in nessun modo di poter esprimere al meglio la propria vocazione terrena. Non sfugge ad alcuno il modello sociale che abbiamo di fronte a noi, in cui ogni cosa viene decisa a tavolino, capace di stritolare ogni tipo di sana tendenza naturale. Il tutto per la buona riuscita di quanto serve al mercato; alle lobby produttive ignare del bene comune; al disegno preordinato di una umanità retta ormai da un pensiero unico.

La cosa più triste è comunque svendere la propria personale vocazione in qualunque campo, per il solito piatto di lenticchie, così come avvenne con Esaù, primogenito di Isacco. Lo stesso, ritornando sfinito dai campi, dinnanzi alle richieste di Giacobbe, suo gemello fratello e secondogenito, di vendergli, sotto giuramento, la primogenitura in cambio di una minestra rossa appena cotta, non esitò ad acconsentire allo scambio. Leggiamo nella Genesi: “…Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura”. Il riferimento ad un legume oggi va molto di moda e non certo solo per una pura tradizione natalizia.

Esaù primogenito di Isacco era portatore della benedizione divina. Da prescelto aveva il compito, attraverso la sua discendenza, di accompagnare tutte le nazioni della terra per essere benedette dal Signore, riportandole sulla giusta via. Quest’uomo si distacca al contrario dalla sua vocazione primaria ed esce dalla legge del suo Signore, sposando anche donne pagane e ignorando il suo Dio abbandona anche la sua vocazione soprannaturale. Non c’è cosa più triste di essere nati per partecipare con il proprio talento alla costruzione di “ponti di pace e di benessere sociale e spirituale”, ma poi trovarsi invece da tutt’altra parte: “A svendere la propria vocazione personale per il solito piatto di lenticchie, lontani mille miglia da un possibile mondo più giusto e migliore che, a parole, siamo tutti pronti a sostenere”.

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Egidio Chiarella
www.egidiochiarella.it
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