Vietare i videogiochi violenti ai bambini? Un provvedimento incostituzionale
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I bambini, nella tradizione occidentale, sono sempre stati esposti alla violenza cruda delle favole. Scomodano patrimoni popolari millenari i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, che con un documento di oltre 92 pagine, approvato con sette voti favorevoli contro due contrari, boccia la legge californiana che vietava di vendere ai più piccini videogiochi violenti. [MORE]
Un provvedimento che, dicono, violerebbe il Primo Emendamento della Costituzione americana, che protegge la libertà di espressione, diritto inalienabile di cui anche i bambini devono usufruire, indipendentemente dai mezzi utilizzati; così, pur dividendosi per cavilli, i giudici si trovano concordi nel dichiararlo incostituzionale.
L’inizio della tormentata storia di questa legge risale al 2005, quando la California si era scagliata contro i videogiochi violenti, definendoli una moderna minaccia per i bambini, che andrebbero protetti da contenuti consigliabili ad un pubblico di soli adulti; una minaccia, però che fa guadagnare ogni anno nella sola America almeno 10 miliardi di dollari.
Con una premessa del genere, è facile immaginare il seguito; le grandi coalizioni si alleano, e arriva la prima condanna da un tribunale californiano. E via con tutti i gradi di giudizio, fin quando il caso finisce davanti la Corte Suprema che bolla come incostituzionale la multa da 1000 dollari prevista per chi vendesse o affittasse videogiochi ai bambini; semplicemente perché vietarli è incostituzionale.
E perché alle scene di mutilazioni e violenze, dicono, i bambini ci sono abituati; o andrebbe impedito ai genitori anche di raccontare la favola di Biancaneve e i sette nani ai propri figli.
Simona Peluso