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BARI, 27 GIUGNO 2011 - All'aeroporto di Bologna faceva caldo, 31 anni fa: in questi minuti partivano 81 uomini su di un volo – il DC9 Itavia – per raggiungere Palermo e godersi l'estate. Erano le 20:04 di venerdì 27 giugno 1980 quando, dopo 2 ore di attesa, finalmente il tanto agognato sole siciliano cominciava a farsi largo tra i desideri dei passeggeri sfiniti dal proprio lavoro quotidiano.
Francesca, Salvatore, Sebastiano, Antonella, Daniela e poi ancora Elvira, Giuseppe, Pierpaolo: facce di una Italia con gli occhi aperti nella triste notte del 1980, quando le pallottole delle Brigate Rosse avevano finanche smesso di sparare non senza avere lasciato gli ultimi orribili segnali in una sala d'attesa di una stazione ferroviaria.[MORE]
27 giugno e 2 agosto: l'aereo che parte da Bologna ed il treno che invece arriva.
Deve esserci stata una nuvola nera sopra i cieli emiliani, talmente fitta e poco definita da non riuscire a capire chi l'abbia provocata e quanta mano terrorista abbia armato i brigatisti oppure i servizi deviati dello Stato.
L'aereo esplode in volo; il treno, salta per aria nell'ora di punta. In totale 81 più 85 morti: 166 vite verso cui lo Stato Italiano deve provare vergogna finchè non sarà in grado di assicurare giustizia.
Succede sempre così: i Segreti di Stato nascondono le verità più evidenti e – dove non arriva la Magistratura – c'è sempre la Società Civile a indignarsi.
Oggi, 27 giugno 2011, le solite insopportabili parole di comodo chiedono di fare “piena luce su una vicenda dai lati oscuri, rimuovendo le ambiguità i dubbi e le ombre” come se il disco fosse fermo da tempo perenne e i discorsi si impregnassero di diabolica carta copiativa: a Bologna i politici ci hanno rinunciato, a parlare dal palco poco fuori la stazione per evitare l'insulto popolare e la vergogna di mostrarsi lacrimanti dinanzi a chi chiede solo la Verità.
Provano a credersi assolti ma sono pur sempre coinvolti: De Andrè ce l'aveva detto proprio in quel tempo, parlando di rivoluzione ma la frase può davvero esprimere l'inadeguatezza di chi si sente parte del sistema e deve posporre la ragione di Stato alla dignità della propria coscienza, assumendo un atteggiamento mafioso. Non dico ma so, anzi parlo senza dire, riempio la mia bocca di retorica perchè rappresento una istituzione macchiatasi di omertà.
Stare in silenzio, a volte, è il modo migliore per mostrare rispetto a quanti hanno lasciato in mare il proprio corpo, inabissato a tremila metri.
Il depistaggio, poi, è l'arma più subdola per dire e non dire, per mostrare il sole all'uomo della Caverna quando invece le ombre si fanno più fitte.
Il film è identico ed il set sempre lo stesso: Bologna.
L'aereo e il treno i protagonisti della pellicola.
166 attori senza più le loro valigie, disperse al largo delle coste siciliane o tra i vagoni di seconda classe.
I registi non hanno anima ma hanno un nome: lo Stato e i Servizi Segreti.
L'ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, disse nel 2010 sotto giuramento che “per non essere visto dall'aereo libico con Gheddafi, un aereo francese era sotto quello italiano: partì un missile per sbaglio, volendo colpire l'aereo del presidente libico”.
Le numerose ritrattazioni precedenti a quest'ultima possono dar poco credito alla tesi ma resta in piedi l'agghiacciante ipotesi della guerra nei cieli dove il DC9 si trovò purtroppo a fare la parte dell'ospite indesiderato.
Le autopsie sui corpi confermarono l'esplosione in volo ma lasciarono l'unica traccia di verità certa in un mare – anzi in un oceano – di omissioni, mezze ammissioni ed una scia infinita di morti sospette di quanti avevano avuto a che fare con la strage: «La maggior parte dei decessi che molti hanno definito sospetti – dice il giudice Rosario Priore - di sospetto non hanno alcunché. Nei casi che restano si dovrà approfondire [...] giacché appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati.»
Altre 12 vittime – postume – alle 81 ufficiali: sempre perchè il Segreto di Stato è più micidiale di un veleno ad effetto immediato ed uccide pure a distanza di anni.
Gli squarci di verità che aprono il cielo sopra Ustica sono pochi, pochissimi: un uomo chiama Telefono Giallo, nel 1988, dicendo nell'anonimato di essere stato un aviere in servizio a Marsala proprio quella sera del 27 giugno e di avere visto le pagine del registro radar poi misteriosamente strappate ma gli fu ordinato da un suo superiore di “farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella vicenda. [...] la verità è questa: ci fu ordinato di starci zitti”.
Ben più alto è il muro di gomma eretto a difesa dell'indifendibile: lo stesso che il regista Marco Risi racconta in un meraviglioso film del 1991.
L'attore Corso Salani interpreta il giornalista del Corriere della Sera Andrea Purgatori che da subito si occupò della tragedia del DC9 Itavia, barcamenandosi tra infinite peripezie: la pellicola non risolve il mistero ma narra quanto sia difficile soddisfare il bisogno di verità.
Sotto la pioggia battente, Salani trova una cabina telefonica da cui detta alla redazione l'ultimo – struggente – articolo che suona come l'ultimo raggio di sole capace di squarciare un gigantesco muro di gomma.
«Ci sono voluti dieci anni, dieci anni di bugie, dieci anni di perché senza risposta. Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l'omertà, l'occultamento delle prove? C'era la guerra quella notte del 27 giugno 1980: c'erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti. E poi, hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l'onestà in viltà, la difesa disperata del piccolo privilegio del posto di lavoro in mediocrità, in bassezza. Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po' di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto... Perché?»
27 giugno 2011. Aggiungo soltanto.... Perchè??
[foto da buongiornoustica.wordpress.com]
Francesco Corallo