Uccise a picconate tre persone: 20 anni di carcere a Kabobo
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MILANO, 15 APRILE 2014 - È arrivata puntuale la sentenza di condanna per Adam Mada Kabobo, il ghanese di 31 anni che nel maggio del 2013 uccise tre malcapitati passanti, Ermanno Masini di 64 anni, Alessandro Carolè di 40 anni e Daniele Carella di 21 anni, a colpi di piccone nella zona di Niguarda.
La sentenza, emessa dal gup di Milano, Manuela Scudieri, col rito abbreviato, stabilisce per Kabobo 20 anni di carcere ai quali vanno aggiunti altri tre anni in una casa di cura. In questo modo il gup ha di fatto accolto in maniera piena la richiesta del pm Isidoro Palma, applicando il massimo della pena previsto dalla legge italiana, considerano che, oltre allo sconto del rito abbreviato, è stata riconosciuta la parziale infermità mentale del ghanese al momento del pluriomicidio. Punto quest’ultimo sostanziale nelle controverse dinamiche del processo poiché la difesa aveva richiesto la piena assoluzione in virtù del riconoscimento della totale infermità mentale.
La condanna non ha di certo soddisfatto i parenti, nella fattispecie Andrea Masini, figlio di Ermanno Masini: «In qualsiasi altro paese, per esempio negli Stati Uniti, Kabobo sarebbe stato condannato alla pena di morte o all’ergastolo. Se penso che vent’anni di carcere – ha continuato – sono sei anni a omicidio, dico che in un Paese normale non è giustificabile». «Non c’è l’ho con il giudice – ha spiegato – che era obbligato a pronunciare questa sentenza, visto il riconoscimento della seminfermità mentale e il rito abbreviato, ma c’è l’ho con lo Stato italiano che fa entrare i clandestini e non li segue».[MORE]
La sentenza ha inoltre stabilito che i risarcimenti ai familiari delle vittime siano quantificati in sede civile, disponendo tuttavia provvisionali fra i 100mila e i 200mila euro. E proprio in virtù di tale decisione, Andrea Masini ha precisato: «mio padre non è monetizzabile, lo Stato dovrebbe risarcirmi in automatico, non dovrei essere io a chiedere a Kabobo che è nullatenente. Lo Stato è inadempiente sui risarcimenti – ha aggiunto –. In un paese normale dovrebbe essere automatico, qua devi fare causa. Quel che è successo è colpa dello Stato, perché a uccidere mio padre è stato un irregolare, un clandestino».
(Immagine da milano.corriere.it)
Giovanni Maria Elia