Tre Vigili del fuoco: Nino, Marco e Matteo, così diversi ma 'affiatatissimi'
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Tre Vigili del fuoco: Nino, Marco e Matteo, così diversi ma 'affiatatissimi'

martedì 5 novembre, 2019

QUARGNENTO (AL), 5 NOVEMBRE - Tre "bravissimi ragazzi", diversi fra loro ma "molto affiatati", perché i vigili del fuoco sono "una grande famiglia". Il vigile del fuoco Daniele Appiano ricorda così Antonio Candido, detto Nino, Marco Triches e Matteo Gastaldo, i tre pompieri di 32, 37 e 46 anni morti la scorsa notte nel crollo di una cascina alla periferia di Quargnento, paese agricolo della pianura alessandrina al confine con il Monferrato. "Conoscevo Matteo e Marco da una vita, Antonio invece era il più giovane, timido e taciturno, ma anche con lui c'era un ottimo rapporto", aggiunge affranto il collega, che ha saputo della loro terribile fine intervenendo sul luogo della tragedia.

Tutti e tre sposati, Matteo aveva una bambina, Marco un bambino. Alessandrini doc, il primo era di Gavi, il paese famoso per l'omonimo vino bianco, il secondo di Valenza, celebre per le sue lavorazioni orafe. "Loro erano al comando da dieci anni - racconta -; Antonio, calabrese, era arrivato da un anno e mezzo, ma si era integrato alla perfezione". Tre vite unite dalla stessa professione, da quello spirito di sacrificio e di servizio tipico dei vigili del fuoco, che trasformano un mestiere in una missione.

Matteo Gastaldo era un tifoso sfegatato del Toro. "Domenica ha urlato tutto il giorno per il rigore non dato alla sua squadra per il fallo di mano di de Ligt", dice ancora il collega. Nei giorni scorsi il lavoro lo aveva portato a soccorrere le persone colpite dal maltempo proprio nella sua Gavi. "La pioggia ci ha messo in ginocchio, ma lui è sempre stato in prima fila", ricorda il vicesindaco Nicoletta Albano, stringendosi alla compagna Elisa e alla figlia di 9 anni, Elena Sofia. "Matteo deve il suo nome al nonno, che qui ha fondato la storica gelateria oggi gestita dal fratello - aggiunge - Erano davvero una bella famiglia, cui vogliamo essere vicini non solo in questo momento di dolore, ma anche in futuro".

Marco Triches, aveva all'attivo numerose missioni in tutta Italia, compreso il terremoto ad Arquata del Tronto. Aveva due passioni: la fotografia e la moto. "Possedeva un Suzuki V Storm", spiega il collega e amico, che di Antonio ricorda invece l'amore per i cani: "Se li era portati fin qui dalla Calabria". Figlio di un vigile del fuoco, sposato da poco, lo scorso giugno su Facebook scrisse, dopo la morte di un collega: "Quanto vale la vita di un vigile del fuoco?".

Un interrogativo rimasto senza risposta anche oggi che Nino, come lo chiamavano gli amici, è morto in servizio. "Eravamo una famiglia, una 'banda', ne fanno parte tutti i 20 che compongono il turno. Il nostro è un lavoro di equipe, l'affiatamento è fondamentale e tra noi c'era, perché ogni volta che esci per un servizio sai che hai bisogno degli altri per fare bene il tuo lavoro - spiega ancora il collega Daniele -. E poi molti vengono da fuori, ci sono difficoltà maggiori e ci si dà tutti una mano. L'ultimo intervento importante l'abbiamo fatto meno di una settimana fa, per l'ondata di maltempo, abbiamo lavorato 24 ore consecutive".  Il rischio era nel destino del loro mestiere. "Facciamo un lavoro che lo contempla, è chiaro, ma tra noi non abbiamo mai parlato di quello che poteva succederci. Preferiamo parlare di calcio, delle nostre famiglie e della vita di tutti i giorni. Proprio come una famiglia - conclude l'amico delle tre vittime - perché eravamo una famiglia e rimaniamo una famiglia anche adesso che loro non ci sono più".  

Intervista al Capo Vigili del fuoco, morire così fa più male. Dattilo, non è terrorismo; al posto sbagliato al momento sbagliato "Non c'è nessun attentato terroristico. Qualcuno voleva far saltare in aria o dare fuoco all'edificio e ci siamo andati di mezzo noi. I pompieri erano al posto sbagliato al momento sbagliato". Fabio Dattilo, capo del Corpo dei Vigili del Fuoco, è appena rientrato da Quargnento dove ha parlato con i pompieri feriti e ha abbracciato i familiari dei tre colleghi morti, cercando di trovare la parole giuste per spiegare una morte che non ha senso.

E proprio questa sensazione di impotenza è quella che più gli lascia l'amaro in bocca. "Il nostro lavoro è salvare vite umane - dice in un'intervista all'ANSA - e quando si muore così, senza aver salvato delle vite, fa ancora più male. Il nostro è un lavoro a rischio, lo sappiamo bene; ma se rischi la vita per salvare qualcun altro, un incidente lo digerisci meglio. Ma se muori per nulla, se muori senza salvare vite, fa davvero male". Dattilo è sicuro che la magistratura farà il suo lavoro e alla fine "la verità verrà alla luce". Però una cosa è già chiara. "Con 40 anni di esperienza sulle spalle e avendo visto la scena dell'esplosione, credo che chi ha messo quelle bombole non volesse attirare delle persone in una trappola ma incendiare il posto". Anche la dinamica, secondo il capo dei pompieri, è abbastanza chiara. I vigili sono stati chiamati per un "incendio in abitazione" ma quando sono arrivati non hanno trovato fiamme. C'erano invece 2 edifici, uno dei quali con dei segni di una deflagrazione. "Gli uomini sono entrati dopo aver notato segni di effrazione e hanno scoperto due bombole da cui uscivano dei fili elettrici. Non c'erano fiamme ma il gas era comunque fuoriuscito e aveva dato vita ad un 'flash fire', una fiammata che aveva provocato danni alla struttura ma non il crollo". Dopo un'ora d'intervento i pompieri sono usciti e si sono accorti che anche sull'altro edificio c'erano segni di effrazione. "Sono andati a verificare cosa ci fosse all'interno - spiega ancora Dattilo - e sono stati immediatamente investiti dall'esplosione. Tre di loro sono stati travolti dalle macerie dell'edificio crollato, altri due, assieme ad un carabiniere, che erano all'esterno, sono stati colpiti dall'onda d'urto".

Di fronte alla morte dei 3 vigili del fuoco la politica si è ritrovata unita. Un bel segnale che però deve andare oltre la solidarietà. Quello che è fondamentale, dice non a caso Dattilo, è che l'attenzione nei confronti di quelli che uno dei suoi predecessori, Alfio Pini, definì con orgoglio "non manovali ma professionisti della sicurezza", non venga mai meno. "Oggi tutti ci tengono in considerazione. Ecco, noi vigili del fuoco vorremmo questa attenzione non solo quando ci sono le tragedie e dobbiamo dire addio ai colleghi, ma anche quando siamo 'a riposo'. I cittadini questa attenzione ce la riconoscono sempre, se rimaniamo uniti sono convinto che anche la politica lo farà, come ha cominciato a dimostrare". Il riferimento di Dattilo è al fatto che, per la prima volta, si sta affrontando la questione dell'armonizzazione degli stipendi e delle pensioni dei vigili del fuoco con quelli delle altre forze di polizia. "E' un segnale importante e sacrosanto, tanto che in questa finanziaria compare per la prima volta il germe di questa armonizzazione".


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