Tempesta politica in Medio Oriente: anche la Siria contagiata dalle proteste
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DAMASCO – 1 FEBBRAIO 2001 – Dalla Tunisia, all’Egitto, allo Yemen, tutte le regioni del Medio Oriente vengono travolte dall’ondata di proteste. Dopo le manifestazioni anti-Mubarak e gli scontri violenti che stanno coinvolgendo l’Egitto, il cui unico obiettivo sembra quello di attaccare il palazzo presidenziale, ora anche Damasco rischia di essere travolta dalle ondate di manifestanti. Nell'ultima settimana, gli attivisti siriani, in opposizione al regime di Bashar Assad hanno usato Facebook per convocare una manifestazione di massa il prossimo 5 febbraio, chiedendo di scendere in piazza pacificamente esponendo le bandiere della Siria, e cartelli con le seguenti rivendicazioni: miglioramento delle condizioni di vita, diritti umani, libertà di parola e maggiori garanzie per i giovani. [MORE]
Tuttavia, nelle pagine Facebook, si chiede ai siriani di tutto il mondo di manifestare davanti alle sedi diplomatiche della Siria, in ogni nazione. Su alcuni blog dell'opposizione, senza limiti sono comparsi fotomontaggi dove la testa di Saddam Hussein al momento dell'impiccagione, è stata sostituita con quella di Mubarak e di Bashar Assad, ed evidenziata con frasi come «La giustizia esiste!». Girano centinaia di immagini in cui i presidenti in carica vengono presi come bersaglio dal lancio di scarpe.
Nonostante ciò, il regime siriano non sembra preoccuparsi più di tanto. Già da giorni ha iniziato a chiudere a intermittenza internet ed oscurare Facebook, al fine di impedire che le nuove generazioni si organizzassero contro il regime, a detta del popolo dittatoriale, così come accaduto per la Tunisia e per l’Egitto. Il presidente Bashar Assad sceglie il Wall Street Journal per esprimere la sua opinione su quanto sta accadendo nei Paesi Arabi. Con apparenti toni di apertura verso le aspirazioni di libertà del suo popolo, sostiene che il mondo arabo si trova momentaneamente in preda ad "una specie di malattia, causata da decenni di stagnazione e dove c'è stagnazione ci sono inquinamento e microbi", aggiungendo, però, che la Siria "è più stabile dell'Egitto, nonostante le condizioni più difficili". Assad sottolinea che “l'Egitto ha rapporti con Israele e ha avuto il sostegno finanziario degli Stati Uniti, mentre noi siamo sotto embargo dalla maggior parte dei Paesi del mondo”. Questo sarebbe il motivo per cui bisognerebbe mantenere stretti legami con le convinzioni del popolo perché quando ci sono divergenze, si crea un vuoto che porta ai disordini. "Se non ci si è accorti della necessità di riforme prima di quello che è successo in Egitto e in Tunisia, allora è troppo tardi per qualsiasi riforma", ha inoltre sottolieato, affermando di avere già avviato questo percorso in Siria, da molto tempo. E, di fronte alle restrizioni che coinvolgono anche Internet, davanti all'incredulità generale, la risposta di Assad è ferma: “La sicurezza viene per prima. L'economia è la seconda priorità”.
Infine non mancano gli interventi politico-religiosi da parte del regime iraniano che senza mezzi termini invita tutti i Paesi Islamici a cavalcare l’onda di proteste in Egitto, per un Medio Oriente contro Israele. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehman-Parast, il rovesciamento dei regimi attualmente al potere in diversi Paesi arabi, potrebbe portare ad un miglioramento dei loro rapporti con l’Iran e alla creazione di un Medio Oriente islamico e potente capace di opporsi a Israele.