Tarsu ed alberghi
Cronaca Puglia

Tarsu ed alberghi

domenica 10 novembre, 2013

LECCE, 10 NOVEMBRE 2013 - Di seguito lo “Sportello dei Diritti” porta in evidenza l’interessante articolo degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Paola Rizzelli che fanno il punto sull’orientamento in materia di Tarsu alberghi ed equiparati, giacché le amministrazioni locali rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno troppo spesso disatteso le normative vigenti creando non poco scompiglio tra gli operatori del settore, cui sovente sono giunte attraverso cartelle esattoriali richieste di pagamento per il tributo in questione che hanno messo in ginocchio le attività nel momento di crisi che tutti conosciamo.

Per tali ragioni, la sintesi offerta dai due tributaristi, può essere un utile vademecum non solo per gli albergatori, ma anche per le amministrazioni comunali per evitare il reiterarsi di comportamenti illegittimi.

La Commissione tributaria provinciale di Lecce, con la sentenza n. 329/02/13 dello 08.10.13, a pochi mesi di distanza dall’altrettanto recente sentenza emessa dalla medesima sezione in materia (la n. 227/02/13 del 9 luglio 2013), è tornata a pronunciarsi sulla questione inerente alla illegittimità della TARSU riscossa in violazione dell'art. 68 D. Lgs. 507/93, in considerazione del fatto che, anche per i campeggi così come per gli alberghi, il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare alle superfici destinate ad unità abitative la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni.

La questione sottoposta al vaglio dei Giudici salentini è stata ancora una volta quella della illegittimità di una cartella di pagamento emessa in violazione dell’art. 68 del D.Lgs. n. 507/97, posto che anche per i campeggi il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, limitatamente alle superfici destinate alle unità abitative, con conseguente disapplicazione del regolamento comunale e della relativa delibera.

Innanzitutto, per meglio chiarire i termini della questione, è opportuno partire dall’art. 62 del D. Lgs. 507 del 1993 che ha stabilito i presupposti applicativi del tributo in oggetto, individuandoli nella semplice occupazione o detenzione “di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in via continuativa”.

Il successivo art. 68 del D. Lgs. N. 507 cit., invece, ne ha disciplinato la regolamentazione da parte dei Comuni, così disponendo: < a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria;
b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all' art. 65 ;
c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui all' art. 66, commi 3 e 4;
d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza.

L'articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:
a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari;
b) complessi commerciali all'ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo- turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati;
c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri;
d) locali adibiti ad attività terziarie e direzionali diverse da quelle di cui alle lettere b), e) ed f), circoli sportivi e ricreativi;
e) locali ed aree ad uso di produzione artigianale o industriale, o di commercio al dettaglio di beni non deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici di lavorazione industriale e di quelle produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani;
f) locali ed aree adibite a pubblici esercizi o esercizi di vendita al dettaglio di beni alimentari o deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani.

I regolamenti, divenuti esecutivi a norma di legge, sono trasmessi entro trenta giorni alla direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze che formula eventuali rilievi di legittimità entro sei mesi dalla ricezione del provvedimento. In caso di rilievi formulati tardivamente il comune non è obbligato ad adeguarsi agli effetti dei rimborsi e degli accertamenti integrativi.
Infine, ai sensi e per gli effetti del successivo art. 69, c. 2, del D. Lgs. N. 507/93.

Orbene, dal suddetto quadro normativo, si evince in maniera inequivocabile che i Comuni, per l'applicazione della tassa, devono adottare apposito regolamento che, a sua volta, deve contenere la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenee potenzialità di produrre rifiuti tassabili, applicando a queste la stessa tariffa.

Difatti, solo una motivazione rispettosa del dettato normativo di cui all’art. 69 cit., potrebbe giustificare una tariffa differente per le aree con omogenea potenzialità di produrre rifiuti.
Sul punto, peraltro, è anche intervenuta la Suprema Corte (Cass., del 04 agosto 2005, nn. 16427, 16428, 16429), statuendo che <> e con ciò riconoscendo in capo al giudice tributario il potere di disapplicare le delibere comunali, in materia di tariffe TARSU, ai sensi dell'articolo 7 D. Lgs. n. 546/1992.

Pertanto, facendo corretta applicazione dell’enunciata disciplina normativa e dei suddetti principi giurisprudenziali, la Ctp di Lecce, con sent. dello 08.10.13, n. 329, ha, quindi, ritenuto legittima la tassazione delle aree non destinate ad uso abitativo, disponendo, invece, la riliquidazione della TARSU per tutte quelle superfici del campeggio destinate all'effettiva occupazione di strutture abitative.

In questo modo, il Collegio salentino ha dato continuità a quel filone della giurisprudenza di merito che ormai si sta sempre più consolidando (Ctp Lecce nn. 612-614/2008 del 18.11.2008, 629/02/10 del 03.11.2010, 294-295 /02/11 del 10.05.2011.; 536/02/11 del 12.07.2011 del 09.07.13, n. 227/02/13; CTR Puglia – Sez. Staccata di Lecce – nn. 71, 72 e 73 del 04.06.2012), secondo il quale è irragionevole ritenere che un nucleo familiare in vacanza produca maggiori rifiuti di quelli prodotti ordinariamente nella propria abitazione e secondo il quale è <> (TAR Puglia, del 24 ottobre 2013, n. 2184).

Né, infine, ad una diversa conclusione può indurre l’altrettanto consolidato principio giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale <>, in quanto se tale principio è stato enunciato a fronte della richiesta di equiparazione totale tra alberghi e civili abitazioni, manca, invece, una specifica statuizione della stessa in merito alla prospettata diversificazione delle aree a seconda della loro destinazione e sull’omessa motivazione della negazione di tale diversificazione laddove per l’appunto il Comune decida di agire diversamente. [MORE]


(notizia segnalata da Giovanni D'Agata)

 


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