Sottomarino disperso, rilevata "anomalia acustica" dopo gli ultimi contatti con la Marina argentina
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BUENOS AIRES, 23 NOVEMBRE - Una “idro-anomalia acustica” è stata rilevata qualche ora dopo gli ultimi contatti tra il sottomarino San Juan e la Marina militare argentina. Uno strano rumore proveniente dalle acque in cui il sommergibile navigava e in cui si è disperso lo scorso 15 novembre. A rivelare il fatto è il portavoce della Marina argentina, Enrique Balbi. Anche se non viene detto espressamente dai vertici militari, tutto fa pensare che il rumore udito poche ore dopo l’ultimo contatto sia stato quello di un’esplosione: Balbi non lo conferma, ma non si sente nemmeno in grado di escluderlo. [MORE]
In una conferenza stampa, il portavoce della Marina ha spiegato che il rumore sarebbe stato rilevato una settimana fa, il 15 novembre, intorno alle 11:00 del mattino (le 15:00 in Italia), nei pressi del punto dal quale il San Juan si era messo in contatto per l’ultima volta con il comando della Marina, quattro ore prima. “La nostra Marina aveva chiesto la collaborazione degli Stati Uniti, che a loro volta avevano chiesto informazioni a diversi organismi che rilevano eventi idro-acustici in tutto il mondo. Dopo aver riunito questa informazione ed effettuato un’analisi esaustiva e centralizzata negli Usa, che ha richiesto il suo tempo, oggi abbiamo ricevuto questo indizio”, ha dichiarato Enrique Balbi. Interrogato sulla possibilità che il rumore fosse un’esplosione, ha poi precisato che “non abbiamo informazioni al riguardo e non formuliamo nessuna congettura”.
“In base a questo nuovo indizio - ha aggiunto Balbi - si sta procedendo a un nuovo monitoraggio dell’area dalla quale proverrebbe il rumore, seguendo lo stesso modello di ‘triplo controllo’ usato in precedenza. Questo consiste nell’uso di sonar attivi e passivi in dotazione alle unità navali argentine, di immagini termiche rilevate da aerei americani e nel monitoraggio di possibili anomalie magnetiche da parte di un aereo antisommergibili brasiliano che sorvola le zone interessate a bassa quota.
Ieri, nella prima mattina italiana, il quotidiano argentino Clarin aveva diffuso la notizia che un gruppo di unità navali, capitanato dalla corvetta Drummond, era stato inviato la notte scorsa verso un’area dalla quale sarebbe partito un nuovo segnale sonar proveniente dagli abissi. Poi, fonti americane avevano anche raccontato che uno degli aerei Usa che partecipano alle ricerche aveva rilevato la presenza di una “macchia di calore” che corrispondeva a un oggetto metallico, a 70 metri di profondità, a circa 300 km dalla costa della Patagonia. Questo segnale - avevano precisato le fonti - sarebbe stato però insufficiente a determinare se l’oggetto rilevato fosse il San Juan o altri relitti in zona. Infine una nota della Marina argentina, che ha smentito tutto: “Nessuna traccia del sommerigibile”.
Mentre continuano le disperate ricerche, si moltiplicano le ipotesi su cosa sia successo a bordo di quel mezzo lungo 65 metri, non di ultimissima generazione. Secondo un’ultima ricostruzione del quotidiano La Nacion, un’infiltrazione d’acqua potrebbe aver causato un devastante cortocircuito sul San Juan: un aggravarsi del guasto elettrico segnalato dal comandante poche ore prima della sparizione. “Una via d’acqua - si legge su La Nacion - può essersi formata attraverso lo ‘snorkel’, il dispositivo utilizzato quando si affiora in superficie per l’areazione dei locali e il ricarico delle batterie, e questo può aver causato un cortocircuito".
Claudio Canzone
Fonte foto: quotidiano.net