Sentenza Dell'Utri, secondo i giudici fu "mediatore tra Berlusconi e Cosa Nostra"
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PALERMO, 5 SETTEMBRE 2013 - I giudici della Corte d'Appello di Palermo, presieduta da Raimondo Loforti, avrebbero scritto nella motivazione della sentenza di condanna a sette anni di carcere per Dell’Utri, per concorso esterno in associazione mafiosa, che l’ex senatore Pdl svolgeva "un'opera di mediazione tra l'associazione mafiosa e Silvio Berlusconi". Dell’Utri era stato condannato a 9 anni in primo grado e a 7 in secondo. La Cassazione aveva annullato la sentenza con rinvio in Appello che ha, però, confermato i sette anni.
Le motivazioni citate della sentenza d'Appello, depositate ieri pomeriggio, riferirebbero che "E’ stato acclarato definitivamente che Dell'Utri ha partecipato a un incontro - nel maggio 1974 - organizzato da lui stesso e Cinà a Milano, presso il suo ufficio. Tale incontro, al quale erano presenti Dell'Utri, Gaetano Cinà, Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Francesco Di Carlo e Silvio Berlusconi, aveva preceduto l'assunzione di Vittorio Mangano presso Villa Casati ad Arcore, così come riferito da Francesco Di Carlo e de relato da Antonino Galliano, e aveva siglato il patto di protezione con Berlusconi".
“In virtù di tale patto i contraenti e il mediatore contrattuale, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all'imprenditore tramite l'esborso di somme di denaro che quest'ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell'Utri, che mediando i termini dell'accordo, ha consentito che l'associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere”.
L'incontro, dunque, secondo la sentenza dei giudici “segna l'inizio del patto che legherà Berlusconi, Dell'Utri e Cosa nostra fino al 1992. È da questo incontro che l'imprenditore milanese, abbandonando qualsiasi proposito di farsi proteggere da rimedi istituzionali, è rientrato sotto l'ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore e non sottraendosi mai all'obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione”.
Nella sentenza i giudici ricordano anche lo stesso Vittorio Mangano, stalliere di Arcore, scrivendo: "Mangano non era stato assunto per la sua competenza in materia di cavalli, ma per proteggere Berlusconi e i suoi familiari e come presidio mafioso all'interno della villa dell'imprenditore". "La continuità della frequentazione, l'avere pranzato in diverse occasioni con lui, sono circostanze che hanno consentito di escludere che i rapporti svoltisi in un arco temporale che ha coperto quasi un ventennio nel corso del quale il Mangano è stato arrestato e prosciolto e poi nuovamente arrestato e poi ancora prosciolto, possano essere stati determinati da paura".
Dell’Utri, in seguito alla sentenza, ha dichiarato ad Adnkronos: "Non ho ancora letto la sentenza. I miei avvocati non hanno ancora avuto la notifica. Voi giornalisti siete dei privilegati e riuscite ad ottenere le motivazioni prima ancora dei dirietti interessati...". "Quando la leggerò, la commenterò".
(Fonte ANSA, palermo.repubblica.it, adnkronos; Foto dal sito tg24.sky.it)
Katia Portovenero[MORE]