Riflettendo su costi e guadagni: siamo o acquistiamo prodotti seriali?
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ROMA 27 MARZO- Una delle mie più grandi passioni è la moda. Uno dei miei più grandi difetti è l’incapacità di fare economia anche in momenti di crisi. Questo un po’ per tutti è decisamente un periodo di crisi ma io, coerentemente con il mio modus vivendi, non ho certo risparmiato del denaro e mi sono unicamente limitata a fare qualche riflessione.
Qualche giorno fa girovagando per negozi, on line e non, mi sono ritrovata ad acquistare una moltitudine di capi e accessori assai simili a quelli che avevo già da tempo nell’armadio e che, peraltro, non differivano molto da quelli posseduti da tante mie amiche. Mi sono, quindi, chiesta: siamo davvero disposti a rinunciare alla nostra individualità solo per avere più prodotti, seriali, di scarsa fattura e spesso di indubbia provenienza? Fino a che punto siamo consapevoli del prezzo che stiamo pagando? Possiamo affermare con certezza che si tratti di un VERO guadagno?
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A pensarci bene, la risposta al quesito non è poi così scontata; da un lato oggi la qualità di un prodotto non è più il fattore primario da tenere in considerazione: non siamo più soliti possedere un buon capo, qualitativamente importante, dal taglio discreto e se possibile anche originale. Ciò che più ci interessa è avere una gran quantità di capi basici che, per ciò che valgono, possiamo permetterci di cestinare dopo una sola stagione senza troppi rimpianti. Dall’altro la velocità con cui cambiano le tendenze ci spinge a fare l’acquisto “giusto” che ci permetta di non sentirci anacronistici e, nel contempo, nemmeno troppo squattrinati.
Inoltre non siamo in molti a pensare di aver perso qualcosa. In pochi si sono accorti della scomparsa della selettività dopo l’avvento della serialità: a chi non è mai capitato di credere di aver utilizzato un prodotto diversamente dagli altri? Chi non si è mai sentito capace di trasformare un prodotto passepartout in un prodotto very cool?
Anche io lo credevo. Tuttavia, lo scontro con il principio di realtà ha smentito le mie convinzioni: facendo mente locale, il personal shopper è un impiego sempre più diffuso, i fashion blog aumentano esponenzialmente e durante le vacanze di Natale, mentre ero in fila alla cassa di un grande magazzino, ho intravisto a pochi centimetri da me una ragazza con una giacca identica alla mia. La scena è stata a dir poco grottesca soprattutto perché il prodotto in questione apparteneva alla collezione kids di un noto marchio galiziano e né io, né la ragazza pensavamo di incontrare mai un’altra persona che avesse oltrepassato l’età adolescenziale con indosso quel capo.
Il fenomeno fa paura ma è interessante e ci porta, forse, ad avanzare un’ipotesi: nell’era postmodernista continuando ad acquistare oggetti e vestiti seriali, non ci staremmo trasformando anche noi in prodotti seriali? Se ciò fosse vero, mi chiedo, dove sta il vero guadagno, su cosa stiamo risparmiando e, soprattutto, cosa stiamo pregiudicando?
MARIAZZURRA PASCALI