Quarto processo strage via D'Amelio, Lucia Borsellino:"Indignata per silenzio degli uomini di Stato"
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CALTANISSETTA - "Mi indigno per la presenza di persone, appartenenti alle istituzioni dello Stato, che potevano avere la lucidità di ricordare e invece non ricordano. Se questo elemento dovesse essere confermato anche in questo dibattimento, per mio padre sarebbe come ucciderlo due volte". Lo ha dichiarato Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso nella strage del 1992, nel corso della deposizione di giovedì 14 luglio davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta nell'ambito del quarto processo per la strage di via D'Amelio.
La teste ha parlato dei rapporti tra Bartolo Luppa, il poliziotto della Scientifica di Palermo con il quale aveva all'epoca una relazione sentimentale, e l'esperto informatico Gioacchino Genchi. La figlia del magistrato, secondo quanto appreso dalle agenzie di stampa, avrebbe affermato quanto segue: "I due spesso discutevano di Scarantino, sostenendo che era inaffidabile e si lamentavano del modo in cui veniva gestita la sua collaborazione e il modo in cui venivano condotte le indagini sulla strage". [MORE]
La donna ha poi proseguito, spiegando: "Tentavo sempre di allontanarmi da questi discorsi perché non avevo elementi oggettivi in mio possesso. Era un argomento che riempiva le nostre giornate, era diventato un elemento ossessivo. Mi facevano male questi discorsi. Dovevo andare avanti per mio padre - ha concluso - e per questo ho anche deciso di cambiare alcune delle mie amicizie. A casa non accettavamo queste discussioni, perché si trattava di opinioni infondate".
Luigi Cacciatori
Immagine da imolaoggi.it