Pd, stasera la resa dei conti. Ma è già caos: rischio rottura all'interno del partito
Politica Lazio

Pd, stasera la resa dei conti. Ma è già caos: rischio rottura all'interno del partito

lunedì 10 ottobre, 2016

ROMA, 10 OTTOBRE - Si preannuncia molto acceso l’incontro di stasera in Direzione Pd che decreterà di fatto una vera e propria resa dei conti tra il premier e segretario Matteo Renzi e la minoranza del partito, che ha negli ultimi giorni accentuato le distanze politiche sul tema referendum annunciando la propria contrarietà. Da Bersani a Speranza, da Cuperlo a D’Alema, le voci dissidenti insistono su una battaglia all’interno del partito che cresce di giorno in giorno. E stasera ecco il nuovo atto, forse quello decisivo per il futuro del Pd. [MORE]

Quest’oggi, alle ore 17, potrebbe dunque consumarsi la rottura. Quali saranno le mosse del premier segretario? Certo, è ben noto che l’unica mossa di ‘compromesso’ per ricompattare il partito è rappresentata da una nuova proposta sulla legge elettorale per ottenere un dietrofront della minoranza sul sostegno alla riforma sottoposta ai cittadini nella giornata di domenica 4 dicembre.

Nella giornata di ieri sono state molte le voci in casa Pd a parlare di referendum e futuro del partito. Da Bersani intervistato dalla stampa, a Renzi invitato da Giletti sul primo canale all’Arena, sino a Franceschini nella consueta intervista di Maria Latella a Sky Tg24. La sintesi è un concentrato di tensioni e risentimenti, che rischia di risucchiare il partito in un vortice pericoloso e particolarmente discendente.

Nell’intervista al ‘Corriere della Sera’, l’ex segretario Bersani ha annunciato la decisione di votare No: decisione per certi versi non inaspettata ma del tutto clamorosa rispetto alle indicazioni contrarie della minoranza in Parlamento e durante tutto il percorso delle riforme. Votate forse in nome della ‘ditta’, ma del resto appoggiate. Una decisione di fuoco che adesso finisce nelle mani dello stesso Renzi.

Il premier ha attaccato i suoi oppositori politici con una frecciata ben precisa: «Quando uno vota per antipatia è un elemento che dimostra una scarsa visione del Paese». Renzi si è soffermato anche sulla distinzione tra «chi fa politica per cambiare il paese e chi solo per attaccare gli altri» incassando anche l’apporto del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che ha ammonito ed invitato la minoranza a non fare del referendum una battaglia strumentale sulla leadership del partito.

Il caos dunque resta e l’atteggiamento del premier, come la sua eventuale proposta di revisione Italicum, risulterà decisiva ai fini di una fase 2.0 del partito, rovesciando una spaccatura sempre più probabile. Il clima, intanto, impazza. Tanto è vero che una parte della stampa comincia già da oggi a parlare di toto-nomi sul dopo referendum, in caso di sconfitta del Sì, da Franceschini a Padoan, sino a Carlo Calenda. Certo, mere ipotesi giornalistiche: ma non è neppure così scontato che Renzi decida di restare al timone del Paese nell’ipotesi di vittoria del No. A maggior ragione in un referendum ormai alquanto personalizzato (spesso da ambo le fazioni) che rischia di allontanarsi dal merito della riforma stessa.

 

foto da: infooggi.it

Cosimo Cataleta


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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