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Le nostre comunità non stanno vivendo un periodo di serenità. C’è molta povertà in giro. Troppe famiglie hanno problemi nel riuscire a portare avanti una esistenza dignitosa. Accanto a questo dato allarmante cresce sottotraccia, ma anche al di fuori di ogni metafora, una inquietudine sociale che alimenta forti allarmismi su vari fronti. In un contesto del genere l’immaginario collettivo viene spinto verso una serie di rivendicazioni. Si tratta di pretese, anche giuste, ma che nulla hanno a che vedere con le battaglie di progresso e di democrazia sostenute dalle passate generazioni. Spesso si utilizzano da una certa parte di comunità contro l’altra, ma senza produrre giovamenti per i diretti interessati. Il bene sociale spesso si proclama, ma non si persegue in concreto.[MORE]
Sullo sfondo monta giorno dopo giorno uno scontro a tutto campo che conduce sul “banco degli imputati”, ogni cosa che possa alimentare divisioni e scoraggiamenti. La demagogia sale e il dibattito cerca sempre comunque un nemico da abbattere e di cui magari prenderne il posto. Fioriscono così le ricette teoriche per superare i mali denunciati, mentre nessuno si accorge che le tante incognite collettive hanno le radici nell’arretramento spirituale dell’uomo. C’è in atto una defezione dai grandi valori universali che il vangelo ha consegnato al mondo per salvarlo e renderlo “fertile” in ogni sua azione. Vista la realtà si capisce che qualcosa fa fatica a prendere la giusta quota, allargando le crepe di ogni settore economico, politico e sociale della quotidianità. L’uomo ha di fatto, pur dichiarandosi in più occasioni credente, le ali per sua volontà tarpate.
Non sa alzare lo sguardo al cielo. Lascia un sistema per abbracciarne un altro. Il vangelo si confonde e si paragona a qualche buon libro di filosofia. Tutto si circoscrive e si rende superabile. Scrive Mons. Di Bruno: “Noi non siamo tra coloro che abbracciano un teoria, un pensiero, un sistema di vita. Noi siamo quelli che dopo aver ascoltato Cristo, dopo aver creduto in Lui, ci poniamo alla sua sequela, non per vivere il suo sistema di pensiero o di vita, ma per fare oggi, in questo istante ciò che Lui ci chiede e vuole da noi. Il sistema è vecchio, è di ieri”. La novità del vangelo presuppone un cammino continuo di obbedienza alla Parola. Uno modo di operare capace di intervenire con la saggezza divina in tutte quelle questioni dove la società sa solo scontrarsi, perché non in grado di vincere nella comunione, se non nella divisione.
Bisogna perciò far prosperare in ogni campo un nuovo comportamento di natura evangelica. Ancora Mons. Di Bruno: “Senza il perenne discepolato non esiste il cristiano, perché non è il cristiano che vive oggi per oggi e domani per domani, ma abbiamo un cristiano che vive chiuso in un sistema di vita, secondo però le interpretazioni del suo cuore e le mozione del suo spirito, che spesso sono di piena e totale contraddizione e contrapposizione con il vero pensiero di Gesù Signore”. Urge passare, come il Cieco di Gerico, dalla cecità alla vista. Lo sventurato riavuta la luce degli occhi non si limitò a raccontare il miracolo ricevuto, ma si mise alla sequela di Cristo per approfondire il senso universale della Parola. Un passaggio oggi dovuto per chi, qualunque sia il suo status, voglia portare chiarezza ovunque ci sia il buio che deprime le tante società affogate in mille problemi.
Egidio Chiarella
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