Miccoli in lacrime: «Chiedo scusa alla città di Palermo. Voglio dimostrare che non sono un mafioso»
Cronaca Sicilia

Miccoli in lacrime: «Chiedo scusa alla città di Palermo. Voglio dimostrare che non sono un mafioso»

giovedì 27 giugno, 2013

PALERMO, 27 GIUGNO 2013 - Quello che si presenta in un'affollata conferenza stampa è un Fabrizio Miccoli visibilmente provato, stanco, con gli occhi gonfi, pieni di lacrime, e di chi non conosce sonno tranquillo da parecchie notti. Gli eventi degli ultimi giorni, l’indagine avviata dalla procura di Palermo, che gli contesta i reati di estorsione e accesso abusivo a sistema informatico, e l’indignazione di un’intera città per le frasi di offesa pronunciate dallo stesso giocatore contro il giudice Falcone, lo hanno chiaramente travolto. Lo hanno fatto naufragare in una vicenda più grande di lui e in terre distanti chilometri da quello che fin da piccolo è il suo vivere quotidiano: il calcio.[MORE]

L’ex capitano del Palermo prende la parola entrando subito nel merito della vicenda più annosa, quelle parole contro “Falcone” che tanto hanno deluso i tifosi rosanero: «per me è un giorno importante. Dopo tutto quello che è successo sono tre notti che non riesco a dormire perché sono uscite delle cose che io non penso assolutamente e l’ho dimostrato con i fatti. Al di là della generosità, l’ho dimostrato scendendo in campo nel 20esimo anno della morte di Falcone. Sono qui – afferma Miccoli – per chiedere scusa alla città di Palermo, alla mia famiglia che mi ha fatto crescere in un contesto di valori e di rispetto. Sono vent’anni che faccio questo lavoro. Sono andato via da casa a 12 per fare questo lavoro».

Cerca di parlare tutto d’un fiato il giocatore salentino, ma la tensione e le lacrime gli si sciolgono in un nonnulla quando parla della sua famiglia: «Sono un padre di famiglia – pausa di pianto – e vorrei fare crescere i miei figli nella legalità. Sono un calciatore, non sono mafioso e sono contrario ai suoi pensieri. In questi anni che sono stato a Palermo sono stato amico di tutti in modo spontaneo, senza pensare troppo alle conseguenze. Sono contento – aggiunge – che sia uscito fuori tutto. Spero che la signora Falcone mi dia la possibilità di dimostrare e di partecipare come testimone della legalità nelle sue associazioni. Chiedo scusa alla famiglia Falcone e a tutti. Avevo già contattato la signora Falcone. Lei mi ha detto che bastava chiedere scusa a tutta Palermo e sono qui per questo. Voglio dimostrare con i fatti, oltre che con le parole, che non sono un mafioso».

Un concetto, quest’ultimo, che Miccoli ripete più volte durante la conferenza stampa e in tal senso l’interrogatorio fiume di ieri in Procura è un primo passo: «ho passato 5 ore importanti – dice l’ex capitano rosanero – dove ho detto tutto quello che mi si chiedeva. È uscito un altro Fabrizio. Da questa storia prenderò le cose positive. A 34 anni devo mettere da parte la mia ingenuità da bambino e le sciocchezze. Devo essere più egoista e pensare alla mia famiglia, ai miei figli, alla vita vera».

Già, troppo ingenuo il “Romario del salento” nel non saper evitare quelle “cattive amicizie” come Mauro Lauricella, figlio del boss Lauricella: «In questi anni ho cercato di non essere solo capitano del Palermo, ma Fabrizio con tutti. A casa mi suonavano persone che non avevano i soldi per pagare le bollette della luce, io mi sono messo a loro disposizione per aiutare tutti. Oggi mi rendo conto di aver sbagliato. Ciò che conta è la propria coscienza, stare bene con se stessi, oggi lo sono e lo sarò ancora di più quando dimostrerò con i fatti che non sono un mafioso, sono contro la mafia. Ho frequentato tutti pensando che mi potessero dare vere amicizie, ho sbagliato».

Poi Miccoli parla del suo futuro e del mancato rinnovo contrattuale col Palermo deciso dal presidente Zamparini: «mi sarei aspettato un futuro diverso, di finire qui la mia carriera. Non ho niente contro Zamparini, devo rispettare quelle che sono le sue idee. Posso solo ringraziarlo, per questi 6 anni, per la possibilità che mi ha dato di far parte di questa squadra e di questa città dove calcisticamente ho fatto tutto quello che potevo fare».

Rivolgendosi invece ai tifosi rosanero, che in segno di protesta contro le parole ingiuriose dello stesso giocatore verso il magistrato hanno simbolicamente deposto una maglia del Palermo sotto l’Albero Falcone, ha affermato: «spero che si ricordano quello che ho fatto per questa maglia. Spero che mi possano perdonare. Non vi nascondo che ho pensato di andare anch’io sotto l’albero e di mettere la mia maglia. Ma non l’ho fatto perché non volevo che in questo momento il mio gesto potesse essere strumentalizzato».

E alla fine della conferenza, un sempre più commosso Miccoli, si sofferma proprio sulla sua importante carriera da capitano del Palermo e su ciò che non dimenticherà mai: «Per questa maglia ho giocato 20 minuti col crociato rotto. Non dimenticherò mai la partita con la Sampdoria ed un campionato finito ad un punto dalla Champions, la finale di Coppa Italia a Roma. Tutti i gol realizzati, uno per uno».

Scoppia di nuovo in lacrime Fabrizio Miccoli, un pianto che difficilmente riesce a trattenere se non per rivolgere un pensiero al nuovo allenatore del Palermo, Rino Gattuso: «l’ho sentito qualche giorno fa. Lo ritengo un amico, un persona eccezionale e gli auguro che possa portare di nuovo il Palermo in serie A».
Se ne va piangendo, l’ex capitano del Palermo, col peso di chi è consapevole di aver tradito l’amore di un’intera cittadinanza.

(Immagine da lastampa.it)

Giovanni Maria Elia


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