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ROMA, 14 FEBBRAIO 2014 - Il 28 aprile 2013 nasceva il governo Letta. Erano giorni di vera palude politica (come direbbe Renzi). Una maggioranza che sembrava non potersi formare e che necessitava delle dritte dell’allora neo rieletto Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un parlamento senza alcuna maggioranza politica al suo interno, come da dieci anni siamo ormai abituati ed il bisogno (diceva Napolitano) di dare una stabilità politica all’Italia ancora schiaffeggiata dalle brutte e grosse mani della crisi.
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Per Re Giorgio il governo Letta era la «sola prospettiva possibile, quella cioè di una larga convergenza tra le forze politiche che possono assicurare al governo la maggioranza in entrambe le camere»
290 giorni fa nasceva il sessantaduesimo governo della Repubblica Italiana, il secondo consecutivo non scelto per mano popolare, guidato da Enrico Letta. Diciannove ministri e trentasette sottosegretari per trascinare la Nazione fuori dallo stallo economico sociale in cui versava. Il 28 Aprile mentre la squadra di governo giurava davanti a Napolitano, fuori da Palazzo Chigi il calabrese Luigi Preti sparava a due carabinieri in servizio.
Il discorso che Letta tenne il giorno della fiducia alla Camera reggeva soprattutto su due fondamentali pilastri programmatici: lavoro e disoccupazione. «Senza crescita e coesione – diceva Enrico il primo giorno - l'Italia è perduta. Il Paese, invece, può farcela. Ma per farcela deve ripartire. E per ripartire tutti devono essere motori di questa nuova energia positiva. L'architrave dell'esecutivo sarà l'impegno a essere seri e credibili sul risanamento e la tenuta dei conti pubblici, riducendo anche le tasse sul lavoro».
Certezza scientifica vuole che gli scenari macroeconomici di un paese non possono sicuramente mutare in meno di un anno. Ritengo che nessuno potrà quindi colpevolizzare Letta per una disoccupazione giovanile che non è scesa. Il problema però resta: il dato di partenza della mancanza d'impiego per giovani dai 15 a 34 anni era del 38% il giorno in cui Letta si insediava. Oggi lo stesso dato è aumentato di 3 punti percentuali e dei 76 provvedimenti del Ministro dell’Economia, Saccomanni, solo 16 hanno avuto applicazione, mentre 60 sono rimasti nei cassetti del ministero. Numeri migliori non si rilevano presso il ministero del Lavoro guidato da Giannini: di 28 provvedimenti ne è stato adottato finora uno solo e la produzione industriale continua a scendere (di un punto percentuale rispetto al 2013).
Letta è stato il Presidente col guinzaglio, forse fin troppo “zen” con chi lo circondava. Dei 311 decreti attuativi del governo, al 30 novembre 2013, 272 provvedimenti sono ancora in attesa di attuazione e dopo l’uscita dal governo di Forza Italia, il 38% delle votazioni al Senato si sono concluse in negativo per la maggioranza parlamentare.
Poi i problemi con i suoi ministri, molte grane interne che iniziano già a Giugno con le dimissioni della ministra Josefa Idem per un abuso edilizio. Successivamente finiscono nell’occhio del ciclone Angelino Alfano, ministro degli Interni e vice premier, per la vicenda Sharabayeva e Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia, per l’ormai nota vicenda Ligresti. Anche questa volta Letta tiene duro. Oscilla ma resta lì. Come restano ben saldi alla poltrona Angelino Alfano e la Cancellieri, difesi da Letta e scortati da un Partito Democratico costretto, per garantire la sopravvivenza del governo, ad ingoiare un boccone amaro: «Se sfiduciate la Cancellieri, sfiduciate me», disse allora il poco “zen” Enrico Letta.
Altro problema nasce già ai primi di settembre quando Fabrizio Saccomani, ministro dell’Economia, minaccia dimissioni per l’inevitabile aumento dell’Iva e per l’irrisolto provvedimento sulla tassazione della prima casa. Grave, in seguito, quel pasticcio del ministro per l’istruzione Carrozza, che prima concede 150 euro agli insegnanti in busta paga e poi li ritira, scaricando le colpe sul Ministro dell’Economia e su un’intesa di governo che appare dunque inesistente. Infine il caso De Girolamo, la zarina di Benevento, da poco dimessasi, che si riuniva a casa del padre con i dirigenti dell’Asl della città campana per decidere nomine ed appalti: «qui comando io! Str…..i».
Liquidato ieri dal suo stesso partito, pugnalato per mano di Renzi, Letta si dimetterà oggi alle 12. Nessuna sfiducia parlamentare è finora prevista. Letta è di nuovo il nipote di Gianni, niente più, niente meno.
Sergio Sulmicelli
foto da: ilpost.it