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ROMA, 9 APRILE 2014 – La Corte di Cassazione, Sezione V penale, con la sentenza dell’8 aprile 2014 n. 15710, prende amaramente atto della «progressiva decadenza del lessico» nella società contemporanea, alla base dell’evoluzione del costume – o piuttosto dell’involuzione - che condona l’uso sempre più diffuso di «espressioni scurrili» dal cinema alla letteratura, fino alla televisione, «mezzo di diffusione dilagante di pratiche linguistiche sconvenienti», al punto da attenuarne «la portata offensiva».
La Suprema Corte “assolve” pertanto dal reato di ingiuria un anziano di San Pietro Vernotico (in Puglia), che aveva inveito contro la proprietaria di un’auto mal parcheggiata davanti alla sua abitazione.[MORE]
La «volgarità – osserva la Corte - non determina automaticamente la lesione del bene tutelato dalla legge», la dignità e l’onore della persona; inoltre, non è «in discussione l’accettabilità sociale di un tale linguaggio, perchè l’articolo 594 del codice penale non punisce la volgarità in sè», piuttosto va valutato caso per caso «il contesto» e «il significato dell’azione compiuta con quelle parole». Tuttavia, è «ormai un inevitabile ed inarrestabile dato culturale», che «una sempre maggiore valorizzazione delle espressioni scurrili come forme di realismo nelle arti contemporanee (si pensi soprattutto al cinema) e tradizionale (quali ad esempio la letteratura e il teatro) ha reso alcune parolacce di uso sempre più frequente, soprattutto negli strati sociali a più bassa scolarizzazione, attenuandone fortemente la portata offensiva, con riferimento alla sensibilità dell'uomo medio».
(Foto: italiapost.info)
Domenico Carelli