La capacita' di non insistere, virtu' ormai in declino!
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Nei parlamenti democratici gli eletti approvano di solito importanti leggi, capaci di regolarizzare la vita di ogni giorno e sottrarla così da un possibile caos sociale. Le multe, i licenziamenti, il carcere, la sospensione di alcuni privilegi, il diniego di alcuni diritti, sono alcune conseguenze per chi, a secondo la gravità del proprio agire, abbia sconfinato oltre il terreno della legalità. [MORE]
Ma basta il corpo normativo di un Paese per realizzare una società in pace e di benessere generale? Penso proprio di no! Esiste in ognuno di noi la responsabilità di formarsi al senso civico; alla solidarietà; alla con-divisione; al bene comune; alla cura della propria spiritualità; al rispetto degli atti legislativi della propria comunità; alla libertà di pensiero dell’altro; al sostentamento possibile di chi disperato sia costretto a chiedere aiuto. Tutto questo al di là della presenza di legittime regole da rispettare.
L’attenzione personale verso questi elementi comportamentali virtuosi consente, sia ad un singolo o ad un qualsiasi gruppo sociale, di essere centrali nel raggiungimento dell’equilibrio economico e politico di una certa realtà di uomini e donne. Un modello in cui non solo si debba essere rispettosi delle norme di Stato, ma dove si è pronti a determinare, da se stessi, le condizioni positive bastevoli per stimolare un conteso positivo per ognuno. Mentre nelle grandi battaglie di progresso e di de-mocrazia è necessario a volte insistere sulla via della trasformazione delle cose, a favore di un coin-volgimento popolare per accedere ad un benessere sociale sempre più ampio e meno discriminatorio; nel rapporto personale e di gruppo necessitano il controllo di se stessi e quell’equilibrio prudenziale che fanno parte di un concetto di libertà evangelica, oggi sempre di più auspicabile.
Quando Gesù inviò i suoi apostoli per il mondo a predicare il vangelo non li spinse ad alloggiare in tutte le case incontrate lungo il cammino, ma di assicurarsi prima di ogni cosa che in esse ci fosse quantomeno la predisposizione all’ascolto della Parola. Se in una casa non si vive nel timore di Dio, né tantomeno si sente la necessità di una ricerca interiore per entrare nel suo mistero, non bisogna imporre la propria presenza. Andarsene è la cosa più giusta.
Non serve a nulla insistere nel dare la pace, se il cuore del prossimo è chiuso alla sua abbondanza. Non bisogna perdere tempo con l’arroganza di chi è convinto di avere la verità in tasca. Per uno che chiude il suo animo alla Parola, mille altrove aspettano una luce che possa schiarire la loro mente e il loro cuore. Le buone cose si condividono, non si obbligano. Esse vanno donate a chi le cerca e mai a chi è convinto di non averne bisogno. Il Signore non a caso in questi casi è molto diretto con i suoi discepoli: Alzarsi e partire.
Ma anche nella vita di ogni giorno la regola data ai dodici diventa necessaria e compagna fedele di ottimi momenti decisionali. L’uomo spesso sbaglia ad insistere nel trasferire agli altri quanto faccia parte delle proprie convinzioni o delle personali conquiste intellettuali, così come succede in tanti diversi campi che segnano la vita quotidiana. È giusto esprimere le proprie idee, ma sempre nel rispetto di chi si ha di fronte. Più si è convinti della bontà del proprio pensiero, meno deve essere il tentativo di arrivare allo scontro per farlo prevalere. Sembra un paradosso, ma la verità cammina al di là dell’accelerazione che a volte decide di darle l’uomo.
L’insistenza, specie in alcuni casi e su certi argomenti sensibili, non rientra a favore delle proprie idee. Ci sono verità che non vanno né gridate, né “intimate”, ma solo messe sul piatto della vita. Ognuno deve essere libero di saziarsi o di evitarle. La capacità di non insistere è forse una virtù in declino, ma resta comunque una qualità da coltivare, in un mondo dove si vuole tutto e subito, senza badare alla qualità. A noi la scelta!
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