Fare impresa: In Italia, la burocrazia affossa l'iniziativa
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MILANO, 08 GENNAIO 2012- In un momento così delicato per l'Italia, dove siamo tutti consapevoli che per risollevarci e, quindi, riuscire a venir fuori dalle tenaglie della crisi, occorre puntare sulla crescita, è sconfortante leggere che, in una classifica diffusa dalla Banca Mondiale, a causa dei costi e delle difficoltà che si incontrano per avviare un'impresa, relegano l'Italia all' 87esimo posto su 183. Peggio del Belpaese nel Vecchio Continente fa solo la Grecia. [MORE]
Come specifica lo studio 'Doing business in a more transparent world 2012' della Banca Mondiale, un imprenditore che decide di aprire un'attività in Italia, in media, impiega 285 ore per compiere tutte le procedure richieste per pagare le tasse (piu' di 35 giorni). Negli USA, si impiega lo stesso numero di giorni, ma con la differenza che, in Italia,il costo incide 18 volte di piu' sul reddito individuale. Inoltre, sempre secondo la Banca Mondiale, Nel Belpaese la tassazione incide per il 68% sul profitto, contro il 46% della Germania dove, tra le altre cose, per avviare un'impresa non è richiesto un capitale minimo (a differenza dell'Italia dove occorre un capitale minimo pari al 10% del reddito).
In particolare, secondo la suddetta classifica mondiale troviamo ai primi 4 posti: Singapore, Hong Kong, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Se ci soffermiamo sui paesi dell'Eurozona: il Regno Unito si colloca alla settima posizione, 19esima la Germania e 29esima la Francia. In pratica una distanza abbissale quella che divide l'Italia (87esima, che perde 4 posizioni rispetto all'anno scorso) rispetto alle altre economie industrializzate dell'Eurozona. Se ciò non fosse sufficiente, l'Italia fa peggio anche dei Paesi del cosiddetto Terzo mondo:Ruanda, Zambia, Ghana e Namibia risultano essere più accattivanti dell'Italia per desidera partire con un'attività imprenditoriale.
Così, ad esempio,il Ruanda si piazza 45esimo. Sorpasso anche da parte della Polinesia, dove il Tonga ci guarda dall'alto in basso. Lo stesso dicasi per il Botswana al centro dell'Africa meridionale, per l'Armenia, Mongolia, Bahamas, Ghana, Namibia e Zambia. La maglia nera della classifica la detiene lo stato africano del Ciad, mentre il Marocco evidenzia la migliore performance passando dal 115esimo al 94 posto che, come spedifica lo studio della Banca Mondiale, ciò è dovuto anche alle numerose semplificazioni introdotte nel settore edilizio che hanno alleggerito gli adempimenti fiscali.
Sono proprio le lunghaggini burocratiche che rendono difficile e poco accattivante lo start-up di un'azienda in Italia: estenuanti attese per ottenere permessi di costruzione, accesso al credito sempre più difficile, imposte onerose, queste sono solo alcune delle difficoltà a cui va incontro chi decide di imbarcarsi in una nuova impresa, il cui costo (in Italia) è pari a 2.673 euro contro una media europea di 399 euro, in pratica quasi 7 volte la media europea.
Nello specifico: nel Regno Unito bastano 33 euro per avviare un'impresa, 50 in Irlanda e sei euro in piu' in Bulgaria, 115 euro in Spagna, 176 in Germania, mentre in Romania la cifra non supera i 125 euro, 185 euro Svezia ed Estonia, 210 euro Malta, Cipro con 265 euro, tra i 330 e i 392 euro se si scelgono Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria, Portogallo o Slovacchia. Il costo comicia a lievitare se si decidere di avviare un'impresa in Belgio dove il costo medio si aggira a 517 euro, in Lussemburgo 1.000 euro, Paesi Bassi 1.040 e Grecia 1.101.
Tutto ciò si ripercuote, principalmente, sui giovani. In base all'ultimo rapporto Censis, un giovane italiano su tre sogna di diventare imprenditore: il 32,5% dei giovani italiani tra i 15 e 35 anni si dice predisposto ad avviare un'azienda, contro il 56,3% dei coetanei spagnoli, il 48,4% dei francesi e il 35,3% dei tedeschi. Sempre secondo il Censit, ciò che smorza l'entusiasmo dei giovani è la la burocrazia: "e' troppo complicato per il 26,7% contro il 14% della media dei giovani europei, o la paura di rischiare (17,8% contro il 15,4% della media Ue)".
Come ha affermato il presidente Jacopo Morelli dei Giovani di Confindustria, "Serve un'azione seria di semplificazione e liberalizzazioni, ma anche la diffusione di infrastrutture che rendano piu' agevole fare impresa: dalla rete energetica a quella digitale".
(Fonte: Adnkronos)
Rosy Merola