Ilva - Di Maio non chiude riguardo l'annullamento della gara
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ROMA, 24 AGOSTO – Continua a tenere banco la questione concernente la procedura di gara che ha portato all’assegnazione dell’azienda siderurgica alla cordata denominata “AM Investco”, formata dal gruppo Marcegaglia e soprattutto dal colosso industriale di origini indiane Arcelor Mittal. Il vicepremier e ministro dello sviluppo economico, infatti, non ha mai fatto mistero di essere intenzionato ad andare a fondo nella vicenda e di voler verificare la presenza di eventuali presupposti per l’annullamento dell’intera procedura di aggiudicazione, sostenendo con fermezza che la stazione appaltante si sia resa protagonista di una situazione qualificabile come “eccesso di potere”, poiché avrebbe – a suo parere – negato alle imprese concorrenti la possibilità di effettuare rilanci per migliorare le offerte, una volta selezionata quella poi risultata vincitrice della gara. [MORE]
Il primo passo della contestazione istituzionale era stato quello di chiedere un parere all’Autorità Nazionale AntiCorruzione, come previsto dalla disciplina in materia di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza (segnatamente, l’Ilva si trova in amministrazione straordinaria, disciplinata dalla cd. legge Marzano del 2003). L’ANAC ha fatto presente come potrebbero essere effettivamente ravvisabili diverse criticità afferenti al processo decisionale estrinsecatosi nel corso della procedura di gara. In primo luogo, si è fatto riferimento alla decisione di non riaprire la procedura nonostante il consistente ampliamento del margine temporale per l’attuazione degli interventi previsti nel piano ambientale, conseguentemente precludendo la partecipazione di un maggior numero di soggetti interessati all’affitto ed alla successiva acquisizione della società, nonché, per altro verso, la possibile presentazione di offerte qualitativamente migliori. L’autorità amministrativa indipendente ha in secondo luogo dichiarato di sospettare che la cordata aggiudicataria non abbia rispettato alcuni termini temporali intermedi relativi a prescrizioni di carattere ambientale poste da un parere reso dal Ministero dell’Ambiente in data 9 gennaio 2017, a valle del procedimento valutativo delle offerte iniziali. Infine, è stata contestata la decisione della PA di non dare luogo ad una o più fasi di rilancio delle offerte, contrariamente alle più consolidate prassi di mercato finalizzate al miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico e peraltro in assenza di ragioni ostative di carattere normativo.
Conseguentemente, il Ministero aveva deciso di promuovere un procedimento finalizzato all’eventuale annullamento in autotutela degli atti relativi alla procedura di gara in questione, una volta verificata l’effettiva sussistenza degli ipotizzati vizi di legittimità e delle ragioni di interesse pubblico che valgono come presupposti necessari per giungere all’annullamento ai sensi della l. n. 241/1990. È stato dunque richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato di individuare la presenza di quelle ragioni di interesse pubblico tali da legittimare l’eventuale annullamento d’ufficio. Proprio oggi, il parere dell’Avvocatura dovrebbe essere giunto sulla scrivania del ministro Di Maio (“Repubblica” parla di un dossier di 35 pagine, che ricalcherebbe i nodi ed i problemi già emersi dall’esame dell’Autorità Anticorruzione), pur non essendo ancora trapelata alcuna notizia ufficiale dal MISE. Considerando, tuttavia, la linea pro-trasparenza a più riprese sbandierata dal partito di cui Di Maio è leader politico, ci si attende che il documento reso dall’Avvocatura venga pubblicato sul sito web ufficiale del Ministero nei prossimi giorni.
In onda su Rai 3, nel frattempo, il vicepremier si è per il momento limitato a dichiarare che “la questione dell’annullamento della gara non è chiusa. Tuttavia, non basta che ci siano profili di illegittimità, si deve accendere anche il semaforo dell’interesse pubblico, presupposto che stiamo ancora verificando”. Di Maio ha spiegato che secondo l’Avvocatura il parere non sarebbe ancora “ostensibile”, almeno fino al termine della procedura di accertamento (che non è ancora conclusa), ma ha poi ribadito l’intenzione di risolvere ogni situazione di ambiguità. Piuttosto, il ministro è tornato all’attacco del precedente Governo, sostenendo che gli Indiani di Arcelor Mittal si siano comportati legittimamente e siano rimasti in buona fede, al contrario della pubblica amministrazione che a suo avviso “avrebbe fatto un vero e proprio macello”. Infine, rivolgendosi ai lavoratori, Di Maio ha dichiarato che “il tavolo sindacale in mia presenza deve andare avanti. Se i sindacati non ci vanno, devono assumersene la responsabilità” – in risposta allo scetticismo espresso negli scorsi giorni dai segretari delle varie sigle rappresentative degli interessi dei lavoratori ma anche da Confindustria, secondo cui la gara sarebbe pienamente valida e l’interlocutore serio e per questi motivi non vi sarebbe la necessità di svolgere ulteriori trattative od attendere oltre per uscire dal tunnel delle polemiche e far ripartire la regolare attività aziendale.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: lettera43.it