Il giudice e il giornalista, ovvero la fiera del paradosso nel dopo-sentenza "Mediaset"
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13 AGOSTO 2013 - La sentenza “Mediaset” continua a tenere banco nei media nazionali e non solo. Gli spunti che offre la decisione, che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale, sono molteplici. Nei giorni scorsi, a calamitare l’attenzione sono state le impreviste “esternazioni” di uno dei giudici che hanno dato vita alla sentenza, Antonio Esposito.
I fatti sono più o meno noti. Un (presunto) amico giornalista del magistrato ha ottenuto da quest’ultimo un’intervista telefonica. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora depositate e quindi un’intervista sulle vicende processuali nasceva già come terreno minato. E, infatti, la deflagrazione c’è stata. Ora, quelle poche decine di minuti di colloquio tra magistrato e giornalista sono al vaglio di una nutrita schiera di Istituzioni e parti politiche. Consiglio Superiore della magistratura, Ministero della Giustizia, la stessa Corte di Cassazione, si sono mobilitatati per vedere se tra le righe dell’intervista vi siano gli estremi per azioni disciplinari nei confronti di Esposito.
Ma non basta: anche le forze politiche vicine a Berlusconi, i media gravitanti intorno al “Cavaliere” e gli stessi avvocati difensori, si sono mobilitati allo spasimo addirittura per cercare di inficiare in qualche modo l’attendibilità se non la stessa validità del provvedimento. Persino la “mitica” ex imbonitrice televisiva Wanna Marchi, condannata a suo tempo dal medesimo giudice, ha pensato bene di intraprendere qualcosa a livello europeo per minare la legittimità della propria condanna.
Difficile riuscire a capire nel “gioco delle parti” come siano realmente andate le cose durante l’intervista. Esposito ha sottolineato con veemenza che il testo pubblicato dal quotidiano “Il Mattino” non coincide con quanto da lui autorizzato a mazzo fax. Tuttavia, il quotidiano ha conservato una registrazione della telefonata in cui sembra che il giudice dica qualcosa di molto prossimo a quello che è stato poi pubblicato. Non si riesce a capire però se Esposito stia parlando in generale o riferendosi al caso specifico di Berlusconi.
L’impressione che a mio avviso ci si fa ascoltando la telefonata e leggendo l’articolo, è che il giornalista sia stato maliziosamente abile nel riuscire a far parlare Esposito con considerazioni di carattere generale sulle problematiche processuali. E’ verosimile che tali considerazioni siano state poi maliziosamente riportate come considerazioni specifiche per il processo Mediaset.
Rimangono comunque le perplessità sui modi e tempi con cui l’intervista è stata concessa. La sentenza rappresenta una sorta di pietra miliare per la giustizia e la politica italiana. Di ciò, il magistrato avrebbe dovuto essere ben cosciente. E invece, quello che colpisce sono anche i toni, vagamente “scanzonati” utilizzati da Esposito durante l’intervista. Bene o male, si tratta di un autorevole giudice che sta parlando ad un titolato professionista della carta stampata. Sentendo Esposito, invece, si ha quasi l’impressione che la “toga” stia paciosamente rispondendo, in maniera approssimativa, alle domande di una ipotetica colf Concettina che gli avesse chiesto lumi sui fatti processuali, tra una spolveratina della credenza in salotto e una battitura di tappeti.
Fatto sta che il tipo di impressioni che l’intervista suscita, vale a dire una certa dose di ingenuità e approssimazione da parte del magistrato e una maliziosa scaltrezza da parte del giornalista, non fanno bene tutto sommato né alla magistratura né al giornalismo.[MORE]
Raffaele Basile