Il clericalismo e le nostre soluzioni imperfette
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C’è in Matteo 14 la narrazione di una scena straordinaria e carica d’amore che ci offre una sequela di possibilità per meditare e crescere. Tutto questo oltre all’intervento soprannaturale dello Spirito del Signore che nell’occasione trasforma pezzi della realtà terrena in ciò che serve a lenire il disagio di una folla rilevante. Parliamo di cinquemila uomini. Siamo su un piano superiore rispetto alle probabilità che ha l’uomo di crescere partendo “dal suo cuore, dalla sua sapienza e intelligenza attuale, dall’esperienza che giorno dopo giorno matura, dalla scienza nella quale cresce”. Leggiamo in proposito:
“ …E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene”. Cosa ci può suggerire un quadro inimitabile del genere, dove trascendenza e vita reale si innestano tra di esse per garantire protezione e carità al prossimo? L’attualità del messaggio è di un valore sociale e spirituale fuori dal comune, anche se in qualche salotto radical chic spesso si vada, come in questo caso, in direzione opposta del testo evangelico. È davanti agli occhi di tutti come sia l’azione fraterna degli apostoli, preoccupati per il calar della sera, a spingere gli stessi a chiedere al Signore di concedere la folla per trovare ristoro nei villaggi vicini.
Per alcuni “intellettuali salottieri” è qui da individuare l’origine di quel clericalismo che tanto male fa alla Chiesa fino a spingere il Papa, nel suo primo giovedì santo da Vicario del Signore, a dire che lo stesso clericalismo è una malattia per la Chiesa, segnalando che nel mondo: “troppi preti, e anche troppi laici cosiddetti impegnati, passano il proprio tempo a discutere tra loro in gergo ecclesialese di problemi che interessano solo a loro, a frequentare e a organizzare corsi più o meno utili o inutili”. La preoccupazione ben visibile dei discepoli di Gesù nel trovare una soluzione logistica per una moltitudine di persone che aveva incontrato il Messia, può veramente essere immaginata come una sorte “d’impegno politico” nella vita pubblica di quella realtà? O forse è altra cosa?
Ecco, suggerisco di farne tesoro, cosa risponde in proposito il teologo che si immerge nella Parola del Signore: “Nulla di più errato, falso, fuori la storia. Gli Apostoli vorrebbero avere il controllo, il governo di tutto - sarebbe questo il clericalismo - e per questo invitano Gesù a rimandare la folla. Loro nulla possono e di conseguenza chiedono a Gesù di congedare tutti. Così ognuno potrà provvedere a sé stesso. Si comprenderà bene che un simile pensiero è offensivo verso i discepoli. Loro sono ancora nella carne e pensano secondo la carne. Danno una soluzione dalla carne, come tutti noi ogni giorno diamo soluzioni dalla misura della nostra fede, speranza, carità, giustizia, fortezza, temperanza, sapienza”.
Fallito il riferimento storico per i nostri “fumosi studiosi” sull’origine del clericalismo, cerchiamo invece di portare a casa da questo passo del vangelo e dalle ultime parole del religioso un messaggio chiaro in grado di rafforzare la nostra fede nella vita di ogni giorno. Dobbiamo perciò sempre ricordarci, senza alcuna presunzione personale, che il nostro modo di fare, di pensare e di decidere non è altro che l’anticamera del grado delle nostre imperfette soluzioni. Queste ultime sono sempre proporzionate alla nostra crescita interiore ed esteriore; spirituale e sapienziale.
Chi crede infine sa che la preghiera può sostenere ognuno nei momenti di panico e di indecisione dinnanzi ad una scelta non più rinviabile. Più si cresce, più si diventa forti dentro specie se supportati dalle quattro virtù cardinali e dalle tre teologali che hanno la potenza di accompagnare una persona, riducendo giorno dopo giorno l’imperfezione umana che, venendo dalla carne, limita spesso i risultati positivi magari tanto attesi. Le soluzioni trovate in un qualsiasi contesto che sia istituzionale, lavorativo, sportivo, ricreativo, familiare, economico, ecc. se lasciate solo all’esperienza personale, senza “mettere sul tavolo della vita” una qualche delle virtù sopra citate, rischiano di essere imperfette. L’uomo più si purifica e ascolta nel suo intimo la voce del Signore e ne rispetta le sue Leggi, maggiormente è in grado di imboccare la strada giusta e di rendere le soluzioni adattate le più perfette possibili.
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