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28 FEBBRAIO 2014 - L'arte è ciò che vive non solo nei musei e negli altri luoghi adibiti alle esposizioni, arte può essere anche qualcosa di molto più vicino alla vita quotidiana delle persone, una ragione per ricordare un autentico artista come Ignazio Moncada che con le sue opere ha “invaso pacificamente le città, in particolare Milano, dove ha vissuto per molti anni.
Moncada ci ha lasciato nel 2012 a 80 anni ma il suo ricordo non è svanito perché in tanti lo hanno conosciuto come ideatore della “pont art”, una tecnica di pittura sui ponteggi cittadini e su strutture temporanee in genere, opere che hanno caratterizzato i portici meridionali di Piazza Duomo a Milano nel 1982, grandi teli di plastica adoperati come tele dall'artista che in quell'occasione coniò la definizione “pont art”, negli anni seguite da altri interventi a Largo Donegani sempre a Milano nel 1984/85, a Palazzo Abrantes di Madrid nel 1987 e alla Gollwintzerhaus di Ausburg in Germania nel 1992.
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Ignazio Moncada, al quale oggi è dedicato anche un sito non ufficiale per omaggiarne la memoria, era tuttavia un artista eclettico, che iniziò la propria carriera folgorato da Robert Delaunay e di Frantisek Kupka, fortemente legato a poeti come Murilo Mendes, Emilio Villa, Valentino Zeichen e il conterraneo Angelo Maria Ripellino. Il suo stile è riconoscibile nella collezione di ceramiche che ha realizzato negli anni, esposte al Triennale Design Café a Milano e nell'affresco che rappresenta il suo lascito, l'ultima sua grande opera, l'affresco che decora il soffitto di Palazzo Branciforte a Palermo, sua città d'origine.
Questo legame con la Sicilia e il solido rapporto artistico che Moncada aveva con il capoluogo lombardo ci parlano di un pittore che ha saputo travalicare i confini e attraversare gli spazi urbani senza preoccuparsi di dove comincia un quadro e dove termina la tela, poiché anche ciò che siamo abituati a pensare come una superficie anonima può diventare la visione di un artista. Al di là delle etichette e delle definizioni non dovremmo mai dimenticare chi ha dato un contributo personale e autentico all'arte contemporanea.
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