Gli insegnanti calabresi esortano i colleghi a disubbidire alla Riforma della Scuola
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29 SETTEMBRE 20I5 - comitati provinciali dei docenti della scuola, rappresentati da Gianfranca Bevilacqua (Lamezia), Lara Nocito (CS), Bianca Laura Granato (CZ), Giovinazzo Rosanna, (RC), Basso Rosanna (KR) e Rocco Tassone (VV), invitano i colleghi calabresi alla disobbedienza all’applicazione della Riforma in vista, in questi giorni, dell’approvazione del comitato di valutazione e del piano triennale dell’offerta formativa. [MORE]
« Non precipitatevi - esortano - a richiedere di essere valutati o meglio discriminati, secondo parametri soggettivi. Rifiutiamo l’elemosina e la truffa della Buona Scuola, abbiamo tutti una dignità! Controlliamo il contenuto del Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) che potrebbe nascondere insidie e tagli. Dissentiamo e diciamo no se ci sono elementi che non ci convincono o che non riteniamo corretti». A sostegno delle loro convenzioni i docenti adducono che il sistema di valutazione è in gran parte incorporato in pratiche quotidiane e informali, sottratte a luoghi decisionali democratici, rappresentativi e trasparenti e che in « questa opacità si annidano e si diffondono i germi dell’autoritarismo». Pertanto essi propongono di non eleggere il comitato di valutazione (di cui non esistono né i criteri attuativi, né gli esperti nominati dagli Usr, previsti dalla nuova Legge).
Al fine di tutelare la libertà di insegnamento è necessario che nessun docente si proponga per far parte del comitato di valutazione e richieda di essere sottoposto a valutazione. «É questo - chiariscono i docenti calabresi - uno di quei casi in cui la disobbedienza civile diventa l'unica arma che consente la tutela della propria dignità professionale ed il rispetto dei principi della Costituzione. A noi basta il rinnovo del contratto, con cui finalmente riavremo i nostri aumenti scippati da ben 7 anni e precisamente 83 euro al mese a tempo indeterminato». Un punto dolente della riforma, per i docenti calabresi, è l’introduzione del merito per la giustificazione dell’eliminazione degli scatti di anzianità subentrati all’abolizione della progressione di carriera. «Il merito incentiverebbe i bei voti per gli studenti, pratiche di ruffianeria col dirigente, dividerebbe i lavoratori, favorirebbe la corruzione e svaluterebbe i titoli di studio». Il merito del Governo Renzi - per i docenti calabresi - non è standardizzato scientificamente, perché soggetto a parametri volubili e non è sinonimo di miglioramento della qualità, ma incentiva della professione docente solo la sindrome del primo della classe. Far passare come premialità, prerogativa di pochissimi insegnanti, 16 euro al mese per un triennio significa conferire un equivalente valore ad un'esistenza spesa per servizio dei docenti. «E poi quali sono i docenti migliori ?
Quelli che trovano consenso tra gli alunni e i genitori?» si chiedono retoricamente i docenti calabresi. Se si assegna agli Istituti il compito di trattenere i “docenti migliori” succederà quello che succede nelle scuole private dove non vengono certo assunti i docenti migliori: un tale potere discrezionale «in un paese come l'Italia dove le raccomandazioni sono all'ordine del giorno implicherebbe soltanto la clientelarizzazione della categoria». Anche le prove invalsi, come parametro di misurazione delle performance degli studenti, non misurano nulla, perché avulse dalla realtà e dalla pedagogia della scuola italiana. Ogni anno circa due milioni e duecentomila studenti vengono sottoposti a questionari – in gran parte a risposta chiusa – che dovrebbero offrire una misura “oggettiva” delle competenze offerte dal sistema di istruzione nazionale.
Lo stesso strumento è stato adottato anche per valutare gli studenti: i test – infatti – sono una delle prove dell’esame di terza media e presto verranno introdotti come parte integrante dell’esame conclusivo alle scuole superiori. Infine gli insegnanti calabresi, nel rifiutare in massa «questa contumelia grave» alla loro professionalità, richiamano alla memoria una frase degli Annales ( liber I-7) di Tacito che già all’epoca descriveva personaggi simili a quelli attuali: «At Romae ruere in servitium consules, patres, eques. quanto quis inlustrior, tanto magis falsi a festinantes…» così tradotta: A Roma intanto si precipitavano in gesti servili consoli, senatori, cavalieri. Quanto più elevati di rango, tanto più ipocriti e pronti a correre.
Lina Latelli Nucifero