Genocidio di Srebrenica, in migliaia alla commemorazione del 20esimo anniversario
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SARAJEVO, 11 LUGLIO 2015 – Decine di migliaia di persone si sono riversate nel piccolo centro di Srebrenica per prendere parte alla cerimonia di commemorazione del ventesimo anniversario del genocidio perpetrato dalle milizie serbe nell'est della Bosnia. Numerose anche le rappresentanze straniere, dall'ex presidente Bill Clinton al ministro turco Ahmet Davutoglu, la principessa britannica Anne e la regina Noor Al Hussein di Giordania. Tensione all'arrivo del primo ministro servo Aleksandar Vucic, accolto con lancio di sassi e bottiglie, costringendolo ad abbandonare la cerimonia.
In un comunicato rilasciato poco prima del suo arrivo, Vucic condannava i “crimini mostruosi” commessi nel villaggio il luglio del 1995, poco prima la fine della guerra inter-etnica che ha insanguinato la Bosnia. Lo scorso mese, Naser Oric, comandante dell'esercito bosniaco in carica ai tempi del massacro di Srebrenica, è stato arrestato in Svizzera su richiesta serba, sospettato di aver commesso crimini di guerra. Oric era stato in precedenza assolto dall'accusa di criminale di guerra, dal Tribunale Penale Internazionale. Ne è scaturita una battaglia diplomatica a pochi giorni dall'anniversario, con il veto di Mosca sulla risoluzione di Srebrenica al Consiglio delle Nazioni Unite. La Russia ha agito su sollecito della Serbia e della Republika Srpska, la regione della Bosnia e Herzegovina occupata dai serbi.
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Negli accordi di Dayton che hanno posto fine alla guerra in Bosnia, il paese fu suddiviso in due entità amministrative: la Federazione di Bosnia e Herzegovina (FBIH), dominata da croati e bosniaci, e la Republika Srpska (RS) in mano ai serbi. Entrambi i governi di Serbia e della RS ritengono che la risoluzione non ha contribuito alla costruzione della pace nell'area. Gli stessi ritengono inoltre che a Srebrenica è stato commesso un “crimine orribile”, minimizzando la terminologia utilizzata invece dalla Corte di Giustizia Internazionale, che non esita a chiamare l'evento con la parola “genocidio”.
I funerali e il ritrovamento di nuove fosse comuni
Secondo le istituzioni ufficiali, le vittime del massacro furono oltre 8.372, sebbene alcune associazioni per gli scomparsi e le famiglie delle vittime parlano di almeno 10.000 morti. Alla fine dello scorso mese, intanto, sono state ritrovate nei pressi di Srebrenica nuove fosse comuni – in tutto circa 76 – con quasi 7.000 salme riesumate, identificate attraverso oggetti personali rinvenuti o con l'analisi del DNA. La triste colonna con i resti è giunta al Srebrenica-Potocari Memorial Centre lo scorso giovedì, dove le famiglie delle vittime li hanno accolti in silenzio, consapevoli che molte bare contenessero soltanto un numero esiguo di ossa. In molti hanno deciso di non seppellire i propri cari, nella speranza di ritrovare ulteriori resti e “completarne il corpo”.
«Sono state ritrovate solo le gambe del mio bambino, e la mandibola del primogenito», dice Mejra Begovic in lacrime, che ha perduto il marito e i suoi due figli nel massacro. Grazie all'analisi del DNA è stato possibile risalire all'identità delle circa 7.000 vittime, mentre le ricerche continuano per gli altri 1.200 residenti di Srebrenica ancora scomparsi. Ma «a causa degli spostamenti dei corpi e dal modo in cui sono state nascoste le fosse comuni, c'è il rischio che non sarà possibile trovare i resti di tutti», spiega Sadik Selimovi, un collaboratore dell'Istituto “Persone Scomparse” della Bosnia e Herzegovina.
La Marcia della Pace
Circa 12.000 persone hanno partecipato alla Marcia della Pace, che ha raggiunto il cimitero di Potocari. La marcia è stata tenuta in memoria dei migliaia di residenti di Srebrenica che tentarono di trovare rifugio dal massacro, percorrendo circa 100km verso Tuzlain, nella Bosnia del nord, nel luglio del 1995. In molti hanno ribattezzato l'evento come “La Marcia della Morte”: venti anni fa, tra le 12.000 e le 15.000 compresi uomini, donne, bambini e anziani, scapparono da Srebrenica – in un percorso all'inverso di quello della marcia, ma solo in 3.500 si salvarono; gli altri persero la vita uccisi dalle bombe, dalle mine piazzate nei campi e dalle imboscate. I sopravvissuti hanno testimoniato gli orrori a cui hanno assistito durante la fuga, intrapresa tra gli accidentali sentieri di montagne e foreste per giorni, dove sono stati costretti a mangiare foglie, cadaveri, e allucinati da gas velenosi che gli piovevano addosso.
Quest'anno, esattamente come 20 anni fa, Mirsad Sinanovic guidava la testa del corteo: «Il momento peggiore era assistere alla loro disperazione. Non si riusciva a dormire, a pensare a nulla. È stato il periodo in cui ho perso i miei fratelli e mio padre; io sono stato ferito ben tre volte», ricorda Sinanovic.
Foto / Fonte: aljazeera.com
Dino Buonaiuto