Forconi, in Sicilia 36-48 ore per tornare alla normalità. Nessuno sciopero dei benzinai
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PALERMO, 22 GENNAIO 2012- Dopo l’annuncio di ieri, del leader dei Forconi, Mariano Ferro, di voler spostare la protesta a Roma, la Sicilia può tirare un sospiro di sollievo e tornare alla tranquillità. Tempismo perfetto per evitare il rovesciamento della medaglia, che avrebbe trasformato i siciliani, ormai stremati, da promotori ad antagonisti dello sciopero. [MORE]
Adesso si attende con ansia il vertice di mercoledì prossimo, fra il governatore Raffaele Lombardo e il presidente del Consiglio, Mario Monti. Oltre a sconti sull’energia, i trasporti, i carburanti e la sospensione delle cartelle esattoriali Serit, il Movimento chiede la creazione di una moneta popolare, sull’esempio della Svizzera. «Prendo atto che il buon senso è prevalso» - aveva detto ieri sera Lombardo, attraverso il suo blog, mostrando soddisfazione e approvazione per la fine dei blocchi.
Fortunatamente con il benestare dei siciliani, anche un altro spettro è stato allontanato: quello dello sciopero dei benzinai. Lo annuncia Eduardo Brancato, segretario regionale della Figisc, che precisa, inoltre, che <<occorreranno altre 36-48 ore per il ritorno alla normalità>>.
<<In Sicilia>> – dichiara Brancato – <<dove ci sono 2.400 impianti, ci vorranno oltre 25 milioni di litri di carburante e le autobotti possono portare al massimo 36.000 litri per viaggio, ma autisti e cisterne non sono illimitate. Sono state sospese le chiusure infrasettimanali e notturne>>. Le code ai distributori, intanto, continuano in tutti i capoluoghi di Provincia. A Palermo, in via Sciuti, questa mattina due automobilisti in coda per fare rifornimento sono venuti alle mani. E' intervenuta la polizia ed è stato necessario chiamare un'ambulanza anche se, fortunatamente, solo per precauzione.
E intanto scatta la conta dei danni, stimati fra i 300 e i 500 milioni. Milioni di euro bruciati, tonnellate di prodotti, dal latte alle uova, fino ai pomodorini, che rischiano di marcire nei tir se non saranno consegnati in tempo. E al danno economico immediato va aggiunta la perdita di credibilità, con la grande distribuzione europea, pronta a sostituire il prodotto “Made in Italy” con quello proveniente da altri Paesi, come la Spagna e Israele.
Maria Lo Porto