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LONDRA, 24 OTTOBRE 2014 - Dopo la celebre “maledizione di Tutankhamon” e i miti sulla sua morte precoce, il mistero intorno al faraone comincia a farsi più chiaro.
Un team di archeologi, che da anni lavora all’analisi della mummia del sovrano, ne ha recentemente ricostruito le fattezze del volto e del corpo, sviluppandone un modello 3D estremamente preciso di cui sarà possibile osservare i dettagli in un documentario della BBC dal titolo “Tutankhamoun: The Truth Uncovered”, che andrà in onda domenica 26 Ottobre.
A sorprendere, però, non è stato tanto l’uso di una tecnologia d’avanguardia come quella delle scansioni sulla mummia, ma il divario tra l’immagine mitica del faraone come di un potente e virile emissario degli dei e la realtà di ciò che gli archeologi hanno potuto scoprire: Tutankhamon appare come un giovane uomo magro, non molto alto, con spalle piccole e fianchi stretti, quasi femminili. A completare il quadro, la rivelazione che il faraone aveva un piede storto che gli causava grossi problemi di movimento. In altre parole, niente di più lontano dalla figura eroica di cui gli arrendi funerari e gli affreschi ci tramandano la bellezza.[MORE]
Ma c’è di più: lo studioso tedesco Albert Zink, direttore dell’Istituto per le mummie e l’Iceman dell’Eurac, studiando il DNA del re, ha ipotizzato che le malformazioni da cui era affetto non sarebbero altro che il risultato di un’anomalia genetica dovuta al fatto che i genitori del sovrano fossero consanguinei, probabilmente fratello e sorella. A questo si deve il fatto che zoppicasse e che avesse bisogno di bastoni per muoversi.
Insomma, una rivelazione che lascia delusi tutti coloro che erano abituati a pensare al faraone come al volto sontuoso ritratto sul sarcofago trovato dall’egittologo Howard Carter nel 1922. In realtà, proprio come per la moderna ricostruzione del corpo del faraone, anche la scoperta della tomba era stata una vera e proprio sorpresa: scavando nella Valle dei Re, Carter e la sua équipe non pensavano certo di trovarsi di fronte a un sepolcro così ben custodito e inviolato dai ladri.
Che abbia o meno infranto un’immagine mitica, il lavoro di Albert Zink e dei suoi colleghi ha certamente il merito di aver dissipato qualche nube sulla vita e sulla morte di Tutankhamon: le leggende che lo volevano morto per un incidente con la biga o a causa di un complotto omicida appaiono ora quanto mai infondate e la tragica sorte del “faraone bambino” sarà, forse, d’ora in poi, meno avvincente ma più reale.
(fonte: terzapaginaonline)
Sara Svolacchia