Antonio Del Donno Scultore: Ecco come il ferro si trasforma in sculture pregiate!
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Oggi, per la categoria Cultura, vi propongo il profilo artistico di un famoso scultore che riesce a trarre da un materiale semplice e primordiale come il ferro pregevoli sculture dalle forme armoniose sorprendenti…
Antonio Del Donno Scultore
In Del Donno la scultura si realizza con una laconicità, una crudezza e un ’poverismo’ inappellabili. Se le forme geometriche sono ancora il modulo essenziale di una scultura, se la scultura è ancora una sintesi geometrica del mondo, in Del Donno la volontà è quella di costituire dei microcosmi che si realizzano in un unico circuito, in una evoluzione semplice e stringente. All’origine della scultura di Del Donno vi è l’invenzione inquietante delle tagliole (le grandi tagliole), in verità la tagliola oltre a significare, allegoricamente, la condizione morale della società quale trappola per l’umanità, in senso veramente apocalittica, è un nuovo tipo di monumento, che risale addirittura all’invenzione monumentale della ghigliottina o della gogna. Del Donno la fa diventare una scultura, lasciando allo scoperto tutta la minaccia che essa implica e tutta la monumentalità di un patibolo, che è un monito iconico. Nello stesso tempo la tagliola ha il rigore, l’essenzialità, quasi la necessità di una forma geometrica. In tutta la scultura costruttivista, la geometria è sempre rappacificante. Sta a significare l’ordine, la recinzione del caos, la protezione dall’informale, la custodia di un perimetro, l’elezione di un’aria.
Del Donno con la tagliola capovolge il ruolo platonico della geometria e anche quando egli non ricorrerà più alla metafora della tagliola, la geometria resterà una costrizione, perché in Del Donno, lettore di Leopardi, il cosmo nella sua interezza, con i suoi circoli e le sua gravitazioni obbligate, è un’enorme trappola vitale, nella quale l’umano è ingabbiato. In tutte le sculture di Del Donno resta un residuo della minaccia delle originarie tagliole e un desiderio di rompere il circuito stringente e chiuso della geometria. Non è un caso che solo la croce o la stella cometa, in quanto realtà geometriche e cosmiche fuori dall’armonia imprigionante del mondo, siano i miraggi prediletti di Del Donno. Anche quando Del Donno aggiunge al cerchio e ai circoli, cioè alle moltiplicazioni delle tagliole, le lastre squadrate e angolari, la geometria mantiene la sua natura di prigione muraria e di censura. In Del Donno la lastra scultorea o monumentale ha sempre la funzione di “siepe” leopardiana che chiude l’ultimo orizzonte. Infatti, l’impossibilità tecnica, per la scultura, per la sua natura massiccia e per il suo peso, di divenire aleatoria, impedisce a Del Donno, il ricorso a quello sfregazzo che gli consente di turbare e maledire l’ordine costituito di una geometria, di un paesaggio o di un panorama. A volte, la scultura presenta un ferro fuori struttura, una sorta di zeppa più che un elemento. A questo ferro, che disturba l’unità e la coerenza geometria della scultura, è affidato il ruolo perturbativo del gesto informale della pittura, che per Del Donno ha sempre il valore etico di un ammonimento o di un “guai”.
Antonia Caprella