Donna ucraina malata di cancro costretta a tornare a casa per curarsi
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BOLOGNA, 8 OTTOBRE - Storie dei nostri tempi. Un'immigrata malata di cancro non potrà curarsi perché la terapia costa 4 mila euro e il suo caso non rientra in quelli che possono usufruire di cure gratuite.
E' la triste storia di una donna dell'Ucraina di circa cinquant'anni che vive a Bologna. Dopo essere stata operata avrebbe dovuto cominciare immediatamente un ciclo di terapie contro il cancro; terapie di cui necessita più di ogni altra cosa per sconfiggere il "male del nostro secolo", ma che non ha cominciato perché non può affrontare una spesa di 4 mila euro.[MORE]
Sul suo caso, delicatissimo, si sono subito mossi ed impegnati due avvocati, che hanno immediatamente contatto la Regione Emilia Romagna e l'autorità sanitaria locale per avere delle delucidazioni in merita alla non possibilità di far curare la donna gratuitamente.
Intanto il tempo passa e la donna molto probabilmente dovrò tornare nel suo paese per cominciare i cicli di chemio prima che sia troppo tardi.
La donna è arrivata in Italia solo nel 2010 con un visto turistico e il 30 Aprile 2011 le è stato diagnosticato un tumore, a cui ha fatto seguito nel mese di Agosto un delicato intervento chirurgico. Tra la scoperta del cancro e l'intervento, il suo permesso di soggiorno è scaduto facendo si che la donna risultassi non in regola con il nostro Paese. Per fortuna il suo avvocato è riuscito a farle pervenire un permesso di soggiorno per motivi di salute, che le fu rilasciato il 9 Agosto poco dopo l'operazione.
Purtroppo questa tipologia di permesse, a differenza dei permessi umanitari, per famiglia o per lavoro, non presenta tra le caratteristiche quella di poter essere curati a "regime di parità" come tutti gli altri cittadini italiani. Da questo cavillo ne deriva che la donna dovrà rispondere personalmente del costo delle cure legate al ciclo di chemio che dovrà sostenere. Naturalmente la donna non ha la possibilità di affrontare una spese del genere, sia per mancanza di denaro, ma anche perché non ha un lavoro e non è in condizioni di poter lavorare.
Proprio uno dei due avvocati, che si stanno interessando al caso, ha detto: "L'aspetto drammatico è che il suo certificato indica l'urgenza di sottoporsi a un ciclo di chemioterapia per minimo 6-8 mesi, a causa della sua grave patologia".
Una lotta tra quella che è la normativa e l'articolo 36 del Testo unico sull'immigrazione e dall'altra l'impegno degli avvocati, che stanno cercando in tutti i modi di raggirare questa normativa e di far curare la donna qui in Italia. In caso contrario alla donna non resterà altro che fare il primo biglietto aereo per l'Ucraina, tornare a casa e sperare di poter ancora combattere contro il tumore.
Emanuele Ambrosio - Redazione Emilia Romagna