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ROMA, 17 AGOSTO – “Erano due mesi che pensavo di ucciderla ma il mio è stato un raptus” così Maurizio Diotallevi, accusato dell’omicidio della sorella, avrebbe parlato durante l’interrogatorio reso agli inquirenti nell’ambito delle indagini sulla morte della donna ritrovata a pezzi in un cassonetto in zona via Flaminia, a Roma.[MORE]
L’uomo ha ricostruito l’accaduto davanti agli inquirenti gli eventi che hanno portato all’uccisione della sorella, che da poco era rientrata da un viaggio nei Paesi scandinavi. “Ha ripreso a darmi ordini, come un bambino. Quindi ho aspettato che uscisse dal bagno e l’ho aggredita strozzandola con una cintura”.
La scelta di sezionare il cadavere sarebbe poi stata dettata dall’esigenza di occultarlo in maniera più semplice. Dall’esame autoptico è emerso che il corpo è stato fatto a pezzi con l’utilizzo di una sega. Diotallevi ha poi confermato di essersi servito anche di un coltello da carne, dopo che una delle seghe utilizzate si era rotta.
L’uomo ha proseguito il proprio racconto ricordando come “parte del nostro appartamento lo affittavamo, ma i soldi li gestiva solo mia sorella, e a me toccava sempre chiederli”.
Il reato attualmente contestato è quello di omicidio volontario aggravato dalla parentela e occultamento di cadavere. Alla luce delle recenti dichiarazioni dell’indagato, tuttavia, non è da escludersi la configurabilità della premeditazione.
Paolo Fernandes
Foto: gds.it