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MILANO, 23 FEBBRAIO 2013 – Forse siamo tutti dislessici? I casi in Italia sono sempre più numerosi. Però bisogna fare attenzione, la dislessia non è una malattia, ma un disagio. Nel nostro paese, c’è una sensibilità verso questo disturbo e una legge che tutela e stabilisce quali strumenti di appoggio devono essere adottati, da insegnati e da famiglie.
Effettivamente i nuovi casi, rispetto alle statistiche ufficiali sono chiari: si contano trentamila dislessici all’anno, sommati al 5 per cento della popolazione affetta dal disturbo. Oramai quali sono le classi in cui non ci siano dei bambini in crisi con le tabelline, problemi ortografici e tabelline? Certo il disagio è maggiormente diffuso nei paesi anglosassoni, dove si conta un 8 per cento della popolazione affetto dal disturbo.
Valentina Bambini, ricercatrice del centro di Neurolinguistica e sintassi teorica della Scuola superiore universitaria IUSS di Pavia, spiega «Se ci esprimiamo in termini di fonemi e la differenza è impressionante: l'italiano ha circa 25 fonemi e 33 grafemi, fra la fonologia e l'ortografia la sovrapposizione è pressoché totale; l'inglese ha 40 fonemi e 1.120 grafemi, una lingua ostica, inevitabilmente, per chi ha problemi con la lettura. Già nel 1985 su mille studenti americani e italiani, una ricerca mise in evidenza una frequenza della dislessia negli Stati Uniti doppia che in Italia».
Giacomo Stella, psicologo clinico e docente presso le Università di Modena e Reggio Emilia, parla di «neurodiversità», poiché ci sarebbe, a livello del lobo temporale sinistro del cervello, quello maggiormente implicato nel riconoscimento e nell’elaborazione del linguaggio,una diversa densità della materia grigia. Si tratta dunque di una diversità che non guarisce «visto che in età adulta la dislessia è ancora presente nel 75 per cento di quelli che ne hanno sofferto da piccoli», precisa il professor Stella. Certo ci sono degli strumenti per aiutare queste persone: registratori, calcolatori speciali.
Francesca Conti, professoressa di scienze in una scuola milanese precisa «La normativa non prevede l'insegnante di sostegno, per cui il lavoro aggiuntivo può diventare un carico pesante per l'insegnante. Fortunatamente cominciano ad essere disponibili, offerti in omaggio dalle case editrici in questa fase sperimentale, libri studiati per i dislessici, che facilitano la lettura attraverso espedienti di colore, di maggiore distanza fra le frasi, di sottolineatura di parole chiave. Ma nel corpo insegnante c'è tanta paura di sbagliare». Chiarisce Jubin Abutalebi, docente di neuropsicologia all'università del San Raffaele di Milano, che è importante fare una diagnosi esatta su questi bambini «infatti spesso accade che spesso arrivano alla nostra osservazione ragazzini definiti dislessici dagli insegnanti, che ad un esame approfondito si rivelano normali».[MORE]
(fonte: Corriere della Sera)
Rossana Palazzo