Clonare gli animali a rischio estinzione? La nuova proposta che crea scalpore
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MILANO, 1° Febbraio 2012 – Jurassik Park è uscito nel 1993. Sembrava semplice fantascienza: un mondo in cui fosse possibile clonare qualsiasi specie animale, anche quelle che l’uomo non aveva mai visto in prima persona. Sono passati quasi vent’anni; le riflessioni si sono succedute, c’è chi non vedeva l’ora che anche nella realtà si potessero fare certe operazioni, e chi invece mostrava titubanze miste a orrore. L’uomo è arrivato a clonare una pecora (la famosa Dolly, vissuta una decina d’anni), ha fatto esperimenti su altri animali. [MORE]
Oggi, però, una notizia proveniente dall’Australia sconvolge il mondo della scienza. I ricercatori della Monash University di Melbourne hanno trovato un modo per valicare le frontiere della scienza e per mantenere in vita animali in via d’estinzione. Utilizzando campioni del tessuto proveniente dalle orecchie di un leopardo delle nevi, una specie asiatica a forte rischio di sopravvivenza poiché viene cacciata per la sua stupenda pelliccia (sono stimati solo 5000 mila esemplari in natura), infatti, hanno generato cellule staminali pluripotenti indotte (iPS), cellule cioè che condividono molte delle proprietà delle cellule staminali embrionali.
«Generando queste cellule staminali dalle orecchie, abbiamo fatto per la prima volta il primo passo nella creazione di cellule riproduttive da tessuti adulti di un animale in via di estinzione», spiega Paul Verma, capo progetto del Monash Institute of Medical Research (Mimr). «In futuro puntiamo a sfruttare il potenziale delle cellule iPS per creare la prole. Ciò contribuirebbe a salvare le specie da estinzione. Il potere delle cellule staminali è che possono differenziarsi in tutti i tipi di cellule del corpo. Questo significa che hanno il potenziale per diventare cellule riproduttive o gameti».
L’iniziativa di per sé parrebbe buona, se non sollevasse problemi etici e morali. È colpa dell’uomo e della distruzione degli habitat naturali se ci troviamo in questa situazione. E adesso in che direzione si va? Vivremo nell’ambigua e paradossale situazione in cui costringiamo delle specie a morire nei loro luoghi natii per poi ricrearle in laboratorio senza sapere poi dove cresceranno e si svilupperanno? E chi ci assicura che gli esseri che nasceranno da queste provette avranno le stesse caratteristiche degli “originali”, la stessa aggressività, la stessa indole? Sono i problemi che dovremo affrontare in un futuro molto imminente, tanto che le prime proteste ambientaliste e animaliste sono già partite. Non potremmo intervenire in natura, cercando di anticipare la catastrofe e sensibilizzando di più i cittadini? Qualcosa è già stato fatto ma non basta mai. E così infatti commenta Massimiliano Rocco, responsabile del programma Specie per il Wwf Italia: «Queste sono soluzioni estreme per specie che riversano in condizioni molto critiche. Oggi noi abbiamo ancora la possibilità di intervenire in natura, perché uno dei principali problemi nella conservazione di questi animali è la conservazione dell’habitat in cui vivono. Reinserirli poi dove non sono più presenti, o dopo che hanno perso il loro patrimonio comportamentale, è difficilissimo. Che ben venga la possibilità di poter aumentare la riproduzione in cattività, ma se queste ricerche distolgono l’attenzione dalla possibilità di salvare questi animali in natura quando ancora possiamo, questo ci preoccupa un po’. Noi non siamo contro la ricerca o la soluzione, solo che già due anni fa i ricercatori dissero ‘si potrebbe cominciare a clonare i panda’, quando invece abbiamo ancora la possibilità di salvare le ultime foreste cinesi di bambù dove il panda ancora vive».
Stefano Villa
(foto da http://blog.panorama.it/foto/files/2011/01/animali-gennaio-2011-18-large.jpg)