Cittadinanza: tra ius soli e ius culturae, sono tre le proposte di riforma alla Camera
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ROMA, 4 OTTOBRE – La Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati ha ricevuto tre proposte di riforma della normativa in materia di cittadinanza, per la cui modifica è stato dunque avviato l’iter parlamentare.
Al momento la disciplina della cittadinanza italiana si basa fondamentalmente sulla legge 91/1992, ispirata sostanzialmente al principio dello “ius sanguinis”: solo chi nasce da padre o madre di nazionalità italiana ha diritto alla medesima cittadinanza. Esistono comunque varie eccezioni: la cittadinanza può essere concessa per matrimonio, per “residenza italiana” (ma con presupposti minimi e limiti particolarmente stringenti) ed infine allo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, il quale può dichiarare di voler eleggere la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
La prima proposta di riforma è la più progressista rispetto alla disciplina attualmente vigente e reca la firma dell’on. Laura Boldrini, passata recentemente da LeU al PD: si tratta di un testo che si avvicinerebbe al concetto di “ius soli”, puntando ad attribuire la cittadinanza a chi sia nato in territorio italiano da genitori stranieri di cui almeno uno sia regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio o in alternativa a chi sia nato in territorio italiano da genitori stranieri di cui almeno uno sia a sua volta nato in Italia. In questi casi, per acquisire la cittadinanza italiana basterebbe una dichiarazione di volontà espressa da un genitore. Nel contempo, entro un anno dal compimento dei 18 anni si potrebbe comunque rinunciare alla cittadinanza così acquisita qualora si dovesse essere in possesso di quella di altro Stato. Senza la dichiarazione di volontà da parte di un genitore, invece, la cittadinanza potrebbe essere acquisita una volta fatta richiesta entro due anni dal compimento dei 18 anni, senza ulteriori condizioni. Per i minori entrati in Italia entro il decimo anno, basterebbe presentare una dichiarazione una volta raggiunta la maggiore età dopo aver soggiornato continuativamente in Italia. La proposta-Boldrini conterrebbe comunque anche uno ius culturae: il minore figlio di genitori stranieri acquisirebbe la cittadinanza italiana, a seguito di dichiarazione di volontà in tal senso espressa da un genitore o da chi eserciti la potestà genitoriale, dopo aver frequentato un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione. Infine, la proposta prevedrebbe l’acquisizione della cittadinanza per lo straniero in possesso di requisiti reddituali minimi e residente legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica; per gli aventi diritto allo status di rifugiato, invece, gli anni scenderebbero a tre.
Dello “ius culturae” in senso stretto si è invece occupata l’on. Renata Polverini (FI), la cui proposta si concentra essenzialmente sui bimbi stranieri che abbiano concluso un ciclo di scuole primarie nel nostro Paese. Il testo prevedrebbe che lo straniero, che sia nato in Italia e che abbia completato il corso di istruzione primaria secondo la disciplina vigente risiedendovi legalmente fino a tale data, diverrebbe cittadino semplicemente rendendo in qualsiasi momento un’apposita dichiarazione. Qualora si trattasse di un minore, la dichiarazione dovrebbe esser resa dal soggetto che eserciti la potestà genitoriale secondo le disposizioni dell’ordinamento dello Stato di origine. Quanto allo straniero nato in Italia, sarebbe necessario che ivi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età; alla data di presentazione dell’istanza questi dovrebbe risiedere legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica e dovrebbe comunque superare un esame che accerti la conoscenza della cultura e della lingua italiana nonché dei principi e delle norme fondamentali dell’ordinamento giuridico locale.
Un compromesso potrebbe essere rappresentato dal testo presentato dall’on. Orfini (PD), il quale propone di riconoscere la cittadinanza italiana a chiunque nasca in Italia ma abbia comunque terminato un ciclo di studi nel nostro Paese. Si tratterebbe di una sorta di “ius soli temperato”, dal momento che nascere in Italia non sarebbe requisito sufficiente, ma occorrerebbe aver terminato un ciclo di studi nelle scuole italiane. La bozza della proposta di legge di Orfini prevede inoltre che la cittadinanza possa essere richiesta e quindi riconosciuta a chi sia nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno vi risieda legalmente senza interruzioni da non meno di cinque anni o sia in possesso del permesso di soggiorno europeo di lungo periodo. Inoltre, la cittadinanza potrebbe essere chiesta e riconosciuta in base al principio dello “ius culturae”: il minore straniero nato in Italia o che vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che, ai sensi della normativa vigente, abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, avrebbe diritto ad acquisire la cittadinanza italiana.
In ogni caso, la strada volta alla modifica della normativa sulla cittadinanza è piena di ostacoli, anche all’interno della maggioranza di governo, divisa sulla priorità da assegnare alla riforma. Le opposizioni sono inoltre pronte ad arroventare il clima in Parlamento ed impedire che si approvi una disciplina più progressista, come lasciato intendere a più riprese da Lega e FdI. Acque agitate, poi, anche in Forza Italia, dal momento che i vertici azzurri hanno di fatto disconosciuto l’iniziativa dell’on. Polverini ed ufficialmente la linea del partito sarebbe contro una nuova legge sulla cittadinanza, il che starebbe inducendo la Deputata forzista a prendere la drastica decisione di autosospendersi dal gruppo. Tuttavia, all’interno della maggioranza il clima non è più sereno e promettente: mentre parecchi esponenti di PD e LeU spingono affinché si attribuisca una sorta di corsia preferenziale al provvedimento, considerandolo una priorità legislativa, non tutti i dem concordano sulla strategia politica, mentre in Italia Viva preferiscono essere maggiormente pragmatici, attendendo che i numeri siano più definiti per prendere posizione sul tema, evitando nel frattempo battaglie di bandiera.
Francesco Gagliardi
Fonte immagine: aclitreviso.it