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PECHINO, 18 MARZO 2014 – Secondo l’organizzazione Chinese Human Rights Defender (CHRD), il 2013, salutato come l’anno del “sogno cinese” del neo presidente Xi Jinping, è stato in realtà da incubo per i diritti umani in Cina.
Mentre da un lato il governo annunciava una stagione di riforme senza precedenti, come l’abolizione dei campi di «rieducazione attraverso il lavoro» ( i cosiddetti laogai, una sorta di campi di concentramento), dall’altra incarcerava 220 difensori dei diritti umani, il triplo rispetto al 2011, e triplicava al contempo, rispetto agli anni precedenti, le sparizioni forzate.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto stilato dal CHRD, che ha divulgato i dati a dir poco inquietanti della soppressione delle libertà civili, paragonabile da alcuni attivisti a quella di fine anni novanta. Alla crescente consapevolezza dei propri diritti, che si fa strada tra i cittadini sempre più assetati di legalità e trasparenza, corrisponde da parte della vecchia classe dirigente l’aumento delle repressioni contro le assemblee pacifiche, le persecuzioni politiche delle minoranze religiose e la criminalizzazione della libertà d’espressione attraverso internet.[MORE]
«Le misure straordinarie adottate dal governo cinese dissipano qualsiasi speranza riguardo una maggiore tolleranza verso le voci fuori dal coro e verso una società più aperta», spiega Victor Clemens, coordinatore di ricerca di CHRD.
(Foto: bbc.com)
Domenico Carelli