Catanzaro "Magna Graecia": Intervista professore Oscar Tamburrini
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CATANZARO 19 marzo 2012 - La passeggiata in compagnia del professore Oscar Tamburrini, ordinario di Radiologia dell’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, nell’unità operativa di Radiologia da lui diretta e che ha sede nel policlinico di Germaneto, ci consente di conoscere le tecniche e le attrezzature di cui egli, insieme ai suoi collaboratori, si avvale. Il professore Tamburrini non risparmia elogi nei riguardi di ciò che si effettua nell’area radiologica.
Al contempo, però, non volta lo sguardo altrove dinanzi alle difficoltà e non trascura quanto ancora andrebbe fatto. Questa sorta di percorso conoscitivo parte dalla biblioteca, senz’altro molto attrezzata, e conduce direttamente alla Medicina nucleare. Nel tragitto si apprende, fra le altre cose, che la Diagnostica per Immagini è la sola in tutta la regione Calabria a essere dotata di un sistema PET-TC, ma quando si chiede al professore di origine napoletana di parlare di questa unicità evidenzia quanto, a suo avviso, sarebbe importante che altri centri della regione ne fossero dotati in modo da evitare ai pazienti che ne necessitano significativi disagi di spostamento.
Professore, com’è organizzata la Diagnostica per Immagini nel policlinico di Germaneto?
«La Diagnostica per Immagini si avvale di varie tecniche e di varie metodiche, dalle più tradizionali che mantengono inalterato tutto il loro lavoro come ad esempio l’esame radiologico del torace, alle più recenti come la PET-TC o la risonanza magnetica o la TC di ultimissima generazione che consentono diagnosi accurate, precoci e, soprattutto, consentono il controllo nel tempo di vari tipi di patologie. Attualmente e logicamente, Radiologia e Medicina nucleare collaborano strettamente in ogni settore e, soprattutto, nel settore oncologico per assicurare efficacia ed efficienza mediante l’indispensabile integrazione delle varie metodiche».[MORE]
Qual è l’importanza dell’alta tecnologia, sia in termini di apparecchiature sia in termini di utilizzo di sistemi tecnologicamente avanzati?
«L’evoluzione tecnologica di questi ultimi decenni e, nella fattispecie, dall’inserimento del computer vicino alle nostre macchine è stata letteralmente travolgente. Tutto ciò, però, non ha sminuito quelli che sono i valori indiscutibili di alcune prestazioni radiologiche che vengono definite dalla popolazione come tradizionali. Si pensi, ad esempio, al valore dell’esame radiologico del torace che rappresenta ancora oggi circa il 30% dell’attività radiologica del mondo, al valore dell’esame radiologico nella traumatologia e nello studio delle patologie della mammella. L’obiettivo della Diagnostica per Immagini, nella medicina moderna, che noi come Società Scientifica Nazionale (SIRM) perseguiamo da anni, è quello di fare giungere il paziente al medico radiologo con un quesito clinico il più preciso e circostanziato possibile. Noi auspichiamo molto che sia il medico di medicina generale che il medico specialista ci inviino il paziente con un quesito preciso. Sulla base della nostra cultura e della nostra specifica professionalità, potremmo, paziente per paziente, al momento opportuno, concordare con gli stessi colleghi la tecnica e la metodica che siamo orientati a impiegare per i diversi casi. Ad esempio, per un trauma al ginocchio, in linea di massima, non è possibile rivolgersi direttamente a una risonanza magnetica, ma rimane imprescindibile l’esame radiologico. Talvolta, capita anche a me personalmente di eseguire esami di risonanza magnetica di alcuni distretti senza che abbiano fatto gli esami radiologici preliminari. In questi casi può accadere che il paziente debba percorrere un tragitto inverso, dovendo dall’esame più sofisticato e anche più costoso tornare indietro e fare l’esame radiologico considerato banale, ma che banale non era».
A volte, quindi, l’esame radiologico tradizionale può dare tutte le risposte necessarie senza il bisogno di ricorrere a ulteriori prestazioni?
«Esattamente. Talvolta, l’esame radiologico o l’ecografia possono soddisfare completamente il quesito clinico che ci è stato posto dal medico curante».
Quali sono le attrezzature più all’avanguardia di cui è dotata l’unità operativa che lei dirige?
«Saranno una decina i sistemi che abbiamo a disposizione. Le macchine in uso sono ancora oggi di avanguardia tecnologica, fermo restando che le abbiamo acquisite quasi tutte nel momento in cui abbiamo attivato il campus di Germaneto. Abbiamo, ovviamente, integrato queste tecnologie seguendo l’evoluzione e ammodernando in particolare la Diagnostica per Immagini della mammella, inserendo un nuovo sistema di TC che consente diagnosi molto più veloci e accurate. Attualmente, nel nostro campus è presente l’unico sistema PET-TC operante su questo territorio, che presuppone sempre la giustificazione dell’impiego, un impiego che in concreto è quasi sempre in campo oncologico non per la prevenzione o per lo screening, ma per la definizione dello stadio della malattia e per la verifica degli effetti terapeutici. Questa rappresenta l’unica macchina nel territorio regionale, ma condivido pienamente l’orientamento della regione in cui operiamo perché esiste l’inderogabile necessità di altri sistemi del genere, nell’interesse primario dell’utenza calabrese».
Professore, lei chiede che l’area radiologica che dirige non rimanga la sola a essere dotata di un sistema PET-TC. Un aggiornamento del parco tecnologico in Calabria è, a suo avviso, realmente ipotizzabile?
«Ritengo che gli organi regionali stiano provvedendo in tal senso, consapevoli di questa necessità che già qualche tempo fa abbiamo sottolineato. Resta assolutamente confermata la disponibilità mia personale e di altri colleghi della regione a voler proporre la giusta e razionale allocazione di queste nuove risorse».
Quali problemi, oltre a quello tecnologico, presenta l'area radiologica?
«Quello tecnologico è senz'altro un problema, ma in via di soluzione. Non è, purtroppo, l’unico. L'acquisizione di nuove tecnologie non sarà sufficiente se non accompagnata da specifiche competenze ed esperienze professionali in ogni settore clinico, ma ancor più nel campo oncologico. In parole semplici, non basta avere la “macchina”: occorrono esperienza e competenza. La corsa all’acquisizione di nuove tecnologie non appare giustificata se non contestuale alla presenza di professionalità qualificate ed esperte».
Il medico dell’area radiologica visita personalmente il paziente?
«In effetti, non si tratta di una visita tradizionale. Per il ruolo fondamentale che oggi occupa la Diagnostica per Immagini, il medico radiologo ha, o meglio dovrebbe avere, una relazione con il paziente sin dall’inizio. Io cerco di inculcare ai miei allievi e ai miei più stretti collaboratori il fatto che noi dobbiamo avere sempre e comunque un dialogo diretto con il paziente, qualsiasi tipo di esame radiologico venga a fare. Noi abbiamo a che fare con i nostri utenti dal momento in cui entrano e li seguiamo passo dopo passo, in base alle varie tecniche e metodiche cui vengono sottoposti. Il rapporto interpersonale tra medico dell’area radiologica e paziente appare oggi più che mai assolutamente indispensabile».
In che modo l’informatizzazione ha giovato alla sanità e, nello specifico, all’area radiologica?
«Un esempio che posso fare riguarda il sistema Ris-Pacs che abbiamo acquisito da tempo grazie alla piena sinergia della Fondazione “Tommaso Campanella” con l’Azienda Mater Domini. E’ un sistema particolarmente innovativo e molto diffuso nel territorio nazionale e in quello regionale, che consente l’archiviazione in forma digitale di qualsiasi esame di diagnostica per immagini a cui il paziente viene sottoposto. L’esame viene memorizzato in un archivio che contiene tutte le immagini dei singoli pazienti. A ogni nostro utente viene attribuito, nel momento in cui entra nel reparto di Diagnostica per Immagini, un certo numero che lo accompagnerà durante tutti gli esami che farà. Questo ci consente, innanzitutto, una ottimale visualizzazione in tempi brevissimi sia degli esami attuali che, soprattutto, il confronto con tutti gli esami fatti precedentemente».
Il cd viene consegnato al paziente in sostituzione delle vecchie pellicole radiologiche?
«Sì, noi adesso forniamo, attraverso il paziente, al medico curante un cd su cui c’è tutto l’esame. Un’altra significativa novità di questo sistema è che le richieste di prestazioni radiologiche a noi non pervengono più in modo cartaceo. I singoli reparti per via informatica trasmettono alla segreteria le richieste di prestazioni radiologiche corredate dal quesito clinico e la prenotazione di questo esame avviene sempre per via informatica. Si tratta di un aspetto molto importante perché ci ha consentito una nuova modalità di lavoro totalmente diversa da quella di prima, che prevedeva tutta una serie di documenti e di moduli cartacei per le richieste che andavano avanti e indietro negli ospedali. Tale sistema, presupponendo materiale tutto tracciabile, è una garanzia sia per il medico che fa la richiesta, sia per chi la riceve. Infine, nel momento in cui viene eseguito e concesso l’invio definitivo al referto radiologico e, quindi, viene conclusa l’attività professionale specialistica radiologica su un paziente, con un semplice clic inviamo immagini e referto al reparto di afferenza del degente e, immediatamente, questo esame è visualizzabile sul computer dal medico curante».
Questo sistema altamente innovativo consente, quindi, anche un rapporto più diretto con il medico di base?
«E’ un auspicio, non solo mio ma anche del nostro Governo e della nostra Regione. La nostra speranza è che se viene fatto un esame radiologico a Belluno, ci sia un mega cervellone elettronico che contenga anche l’esame che si è fatto due anni fa a Caltanissetta, ma questo rimane ancora solo un auspicio. E’ bene precisare che oggi chi non segue il progresso tecnologico viene di fatto emarginato, ma occorre equilibrio in questa gestione senza “fughe in avanti” per evitare il fenomeno dell’isolamento. Anzi, mediante la tecnologia oggi disponibile, occorre rivitalizzare ulteriormente la relazione tra medico dell’area radiologica e medico curante. Basti considerare che, secondo l’Associazione Europea di Radiologia, circa il 50% degli orientamenti diagnostico/terapeutici possono trovare modificazioni significative a seguito di un confronto diretto tra medico dell’area radiologica e medico curante/prescrivente».
Una cosa molto evidente, visitando il reparto di Radiologia, è l’attenzione che viene riservata alla tutela della privacy del paziente. Il laboratorio di senologia, ad esempio, è dotato di una sala d’attesa che accoglie esclusivamente le donne che devono fare un certo tipo di esami e che si ritrovano a vivere, con molte probabilità, un momento non facile per il tipo di patologia da cui temono di poter essere affette.
«Questo è il nostro obiettivo. La paziente che si sottopone ad accertamenti per sospetta patologia mammaria è in uno stato di stress e di ansia significativi. Il timore è quello di poter essere affetta da un cancro della mammella. Abbiamo sempre prestato molta attenzione alla problematica, in piena sintonia con il management della Fondazione “Tommaso Campanella” e con i colleghi oncologi e chirurghi, al rispetto categorico di questo stato di ansia. Le pazienti vengono indirizzate in una sala di attesa apposita in cui è gradevole stare in modo assolutamente riservato ed eseguono il loro percorso diagnostico, dalla visita senologica fino a eventuali accertamenti di tipo strumentale, in un reparto isolato e dedicato a questa diagnostica».
Quali sono gli esami che una donna che sospetta una neoplasia alla mammella deve fare?
«Parliamo di una donna in età adulta. Per ciò che riguarda lo screening, l’unico esame è la mammografia. Nel momento in cui non si rientra in un programma di screening, si effettua la visita senologica e, sulla base di questa, può eseguirsi la mammografia e/o l’ecografia. Queste due tecniche non sono in concorrenza, ma si integrano tra di loro perché nel settore della Diagnostica per Immagini non esiste, in assoluto e non solo nel settore senologico, una metodica che sia in assoluto migliore dell’altra. Dipende dal quesito e dall’indirizzo clinico che noi dobbiamo tassativamente seguire».
Attualmente, in quali settori clinici l’area radiologica del policlinico di Germaneto risulta essere all'avanguardia?
«Vorrei, in primo luogo, sottolineare l’elevata e riconosciuta professionalità dei medici dell’area radiologica, tutti della nostra regione. E tanto unitamente al contributo che la nostra istituzione universitaria ha fornito negli anni, con oltre 100 diplomi di specializzazione. Inoltre, per quanto riguarda l'area radiologica nel campus di Germaneto, particolare, ma non esclusiva, attenzione viene posta alle problematiche oncologiche. Mi fa piacere, in questa occasione, sottolineare l’accuratezza diagnostica nel settore senologico e onco-ematologico. Per quanto riguarda quest'ultimo, Radiologia e Medicina nucleare hanno prodotto, e continuano a farlo, eccellenti risultati che sono stati oggetto di numerose pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali e di relazioni e lezioni a svariati congressi. Ancora in quest’anno porteremo i risultati delle nostre esperienze al Congresso nazionale della Società di Radiologia. Ma la nostra attenzione, logicamente, non si limita a questo. Dalla diagnostica in gastro-enterologia al trattamento dei noduli polmonari con termoablazione, dallo studio delle lesioni epatiche con un progetto di ricerca attualissimo alle applicazioni in Oncologia, Neurologia, Cardiologia, Ortopedia, Pneumologia, Chirurgia generale e Oncologica… il nostro interesse è ampio, sulla base di una consolidata e indispensabile collaborazione con i colleghi di tutte le specialità».
Una PET-TC, due TC e una risonanza magnetica vi consentono di soddisfare pienamente le richieste dell’utenza?
«Questo è un argomento estremamente delicato su cui è concentrata la massima attenzione dell’Università attraverso il Magnifico Rettore, professore Aldo Quattrone, in sintonia con l’Azienda ospedaliera Mater Domini e con la Fondazione “Tommaso Campanella”. Noi abbiamo delle potenzialità di lavoro estremamente significative, ma ci troviamo dinanzi a una carenza di personale altamente specializzato. Nel settore della Diagnostica per Immagini abbiamo bisogno di personale, sia esso sanitario non medico, sia medico. Dinanzi al Piano di rientro non possiamo effettuare nuove assunzioni. Il nostro auspicio è quello di continuare a formare personale sanitario medico e non medico, nell’ambito dell’istituzione universitaria, di elevata qualificazione. Accanto a questo ci deve essere anche la possibilità per questi giovani, molti dei quali sono dotati di eccellentissime capacità professionali, di rimanere e produrre in questa regione che, a mio giudizio, ha delle potenzialità enormi. Personalmente, infatti, continuo a proporre ai miei allievi, sia medici che non, la massima fiducia in un futuro che io auspico nell’interesse dell’utenza, in primo luogo, quanto più roseo possibile. Logicamente, è necessaria una piena comunità di intenti che veda impegnati tutti gli organi istituzionali. E noi, ancora una volta, confermiamo il nostro impegno e la nostra disponibilità».