Catanzaro Lido: Una targa in sacrificio dei Giovani Marinai Catanzaresi Artese e Merolla
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CATANZARO, 27 LUGLIO 2013 - Sarà inaugurata Domenica sera alle ore 19,30 presso il monumento “AI CADUTI DEL MARE” (sul lungomare di Catanzaro) , la targa che ricorderà il sacrificio dei marinai Catanzaresi Alfondo Merolla e Giuseppe Artese, periti tragicamente il 29 luglio del 1943 a bordo del sommergibile “Pietro Micca” affondato dal sommergibile inglese “Trooper”.
L'iniziativa, fortemente voluta dai consiglieri comunali Eugenio Riccio e Carlo Nisticò, che hanno recepito i suggerimenti delle AssociazioniCulturali “Catanzaro in Movimento”, “Trivonà” ed “Amare Marina”, è stata immediatamente sposata sia dall'Assessore al turismo Rita Cavallaro, che ne ha curato l'iter in commissione toponomastica conclusosi con una delibera di giunta; sia dal Comitato Festa Madonna Porto Salvo che l'ha voluta inserire nella programmazione dei festeggiamenti per la Madonna.
La posa della targa, sul monumento “AI CADUTI DEL MARE”, è il risultato di un percorso già avviato da questa Amministrazione - in sinergia con le varie associazioni presenti sul territorio - di valorizzazione dell'identità storico – culturale della Città e, nel caso specifico, del suo quartiere marinaro. [MORE]
La targa, infatti, vuole commemorare l'affondamento del sommergibile “Pietro Micca” durante la seconda guerra mondiale e come ricorda lo storico catanzarese Angelo Di Lieto …... “Artese Giuseppe, classe 1923, nato a Catanzaro Marina, entusiasta della vita e felicissimo di servire la Patria, allo scoppio della 2ª Guerra Mondiale, venne imbarcato come motorista navale sul sommergibile “Pietro Micca”. Il giovane Merolla Alfonso, anch’egli di Catanzaro Marina, nonché compagno di scuola del marinaio Artese, venne destinato su di un altro sommergibile. Durante il corso, entrambi si accordarono e riuscirono a farsi assegnare sullo stesso sommergibile, il “Pietro Micca”.
In un’operazione nel Mediterraneo, a causa di una avaria, il sommergibile subì serindanni, per cui, prima si diresse per le opportune riparazioni verso lo Stretto di Messina, ma poi dato che in quel sito imperversavano continuamente pesanti bombardamenti, il Comando Navale diede l’ordine di rientrare direttamente alla base di Taranto. Il “Pietro Micca”, per i danni ricevuti, non poteva immergersi, per cui, il 29 luglio del 1943, al promontorio di S. Maria di Leuca fu facilmente silurato da un siluro inglese nemico lanciato dal sommergibile “Trooper”, il cui comandante era un certo Clarabutt. Il sommergibile colpito, affondò repentinamente e si adagiò su un fondale di 72 metri, a quasi tre miglia dalla costa, dove per due giorni i componenti dell’equipaggio riuscirono con gli strumenti dibordo, a farsi sentire con l’esterno nella speranza di poter ricevere qualche intervento straordinario per la salvezza di tutti.
A 72 metri di profondità lentamente morirono 54 giovani, ad eccezione, del Comandante, del vicecomandante e di 16 marinai, complessivamente 18, probabilmente perché all’atto del siluramento si trovavano sulla torretta in osservazione o in prossimità di essa. (…) Nulla si potè fare per salvare i 54 marinai rimasti intrappolati, nonostante si sentissero rumori che documentavano all’esterno la loro esistenza in vita; qualche testimone sostenne pure che al terzo giorno dall’affondamento erano stati sentiti venire dallo scafo dei colpi d’arma da fuoco. Molto probabilmente qualcuno, piuttosto che soffrire per la mancanza d’aria una lunga agonia o perché ferito, pienamente consapevole dell’impossibilità di essere salvato, preferì togliersi la vita. E così i due amici Artese Giuseppe ed Alfonso Merolla, felici di vivere insieme quelle entusiasmanti avventure di guerra, a vent’anni, lasciarono la loro esuberanza giovanile ed i loro ricordi in fondo al mare, innanzi al promontorio di S. Maria di Leuca, sopportando eroicamente sino all’ultimo minuto questa terribile fatale esperienza. Altro particolare drammatico fu che il padre Artese ebbe la notizia della morte del figlio la sera del 12 Agosto 1943, notizia che tenne segretamente per sé per qualche giorno, perché il dì successivo aveva una figlia che, felicemente ed ignara, a Catanzaro Marina contraeva matrimonio. Il sommergibile “Pietro Micca” con tutti i suoi eroici caduti, ad appena 72 metri di profondità, è ancora là,senza che nessuno, nell’età moderna abbia mai pensato di recuperarlo o di raccogliere qualche resto umano, unitamente a particolari oggetti, muti testimoni, per essere più degnamente custoditi con i simboli di Libertà, di Patria e di sacrificio. (…),
Presenti il Sindaco, nonché Autorità Civili e Militari ed Associazioni D'Armi.
Redazione