Falerna: Castiglione Marittimo, Borgo che resiste e che osanna l'amore per la vita
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FALERNA (CZ) 26 APRI. In questo periodo di quarantena, tante sono le persone che, stando a casa, si sono messe alla scoperta delle proprie tradizioni, soprattutto culinarie. C’è chi cerca di imitare le polpette della nonna o la pignolata della zia e chi ricorda e vorrebbe rimangiare qualcosa che faceva parte della propria infanzia e che nessuno gli ha poi più preparato. Questo Covid 19 in qualche modo ci ha riportato a tanti anni fa.
Esiste un borgo, nel paese di Falerna (CZ), nella frazione di Castiglione Marittimo, chiamato “Borgo Antico Di Castiglione”, che si trova ubicato nei ruderi di un castello normanno del 1062. Soprattutto in estate questo posto è meta di turisti che cercano ispirazione o semplicemente aria fresca, magari affacciandosi dalla terrazza a 200 metri sul livello del mare, dove è presente una meridiana e da dove è possibile scrutare le Isole Eolie e in alcuni giorni anche l’Etna. O dove si visita la Grotta e dove nelle “vineddhe” le signore stanno sedute alle sedie di legno a ricamare e chiacchierare.
Qui le persone anziane raccontano storie, insegnano detti popolari e tramandano ai nipoti il gioco dello spago. Ogni prima domenica di agosto si celebra la festa di San Foca al quale gli abitanti sono devoti e che per tradizione vede ogni anno svolgersi il ballo della “paschera”. Si dedicano ad una cucina tipicamente povera di origine contadina (maccarruni, cuzzupe, cudduriaddi, fraguni, salimora e biscotti d’ova) basata soprattutto sulla creazione di pane e pasta fatta con grani locali, quali carusa e tumminia.
Abbiamo provato a chiedere a una signora del posto la ricetta di alcune prelibatezze, ma la quantificazione degli ingredienti viene descritta “a uacchiu” che tradotto in italiano è “quanto basta”, dunque per apprendere bene il procedimento bisogna seguirli nella preparazione che a detto loro dipende da “quantu tinne chiama”. Ebbene si, la farina nelle ricette, viene elaborata secondo tradizione in base a quanto le proprie mani nell’impasto sentono di averne bisogno. Ed è proprio questo che le rende speciali e emanano per le vie del borgo un profumo particolare.
Reperti storici riportano una poesia popolare falernese, immortalata da Pier Paolo Pasolini nel “Canzoniere italiano:antologia della poesia popolare” del 1955, e ancora conosciuta e raccontata che osanna l’amore per la vita:
“Russu hhriddu e cristalle d’amure,
dimme pecchì tu me trasiste ‘ncore,
Cà t’haju ahhatu ‘mmiezzu li hhure,
‘Mmiezzu le rose russe e re viole.
Mancu de ll’acqua t’hai a fare toccare,
Puru de ll’acqua puorto gelusia.
Si vue acqua pe’ ti nne lavare,
Te dugnu ‘u sangu de le vine mie,
Se vue tuvaglie pe’ ti nne stujare,
Te dugnu ‘u velu de la vita mia.
Se vue ligna pe’ ti nne addrumare,
Te dugnu l’ossa de la vita mia;
Ca pe’linzola te dugnu li hhure
E pe’ cuscina ti dugnu ‘stu core’”
Ora il silenzio governa nel borgo,ma si respira aria di rinascita e il campanile, che si trova sull’Arco di entrata al Castello, continua a suonare ad ogni ora così come ha sempre fatto negli anni, sfuggendo alle intemperie, alle guerre e ai terremoti (indimenticabile quello dell’8 settembre 1905 che portò sul paese distruzione) dando così forza ai propri abitanti e mandando un messaggio a tutti noi: “Andrà tutto bene!”
Catia Cario