Borse asiatiche in lieve recupero. La bolla cinese fa ancora paura, ma non bisogna cedere al panico
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MILANO, 28 LUGLIO 2015 - Le borse asiatiche sono in lieve ripresa dai minimi di giornata, ma il mercato azionario cinese continua a essere altalenante all'indomani del crollo di Shanghai. Ieri la principale piazza cinese aveva perso l'8,5%, il peggior risultato dal 2007. Adesso gli investitori cercano rifugio nei bond governativi e nello yen giapponese. Se Hong kong guadagna lo 0,88%, Shanghai si mantiene in territorio negativo e al massimo limita le perdite con un-1,68% rassicurante rispetto al panico che ieri ha investito le borse asiatiche. Taiwan dopo il brusco calo di ieri ha chiuso positiva mentre Tokyo e Sydney hanno registrato perdite minime. Le borse europee in apertura rimbalzano dopo aver chiuso ieri in forte perdita sulla scia del crollo dei listini cinesi. Londra guadagna lo 0,57%, Parigi avanza dello 0,68%, Francoforte dello 0,46% e Piazza Affari recupera lo 0,71%. Per l'Italia si mantiene stabile lo spread Btp e Bund a 120 punti. [MORE]
Nessun motivo per farsi prendere dal panico. I recenti sbalzi della borsa cinese accrescono il nervosismo dei mercati e tra gli investitori inizia a diffondersi il timore di un contagio. A far paura è soprattutto quella che è stata chiamata la 'bolla cinese'. Le borse di Shanghai e Shenzhen in un anno sono cresciute del 150%. Poi, dallo scorso giugno è iniziato il declino, solo temporaneamente arginato dalle misure di emergenza adottate dal governo come quella annunciata ieri da Pechino di iniettare nuova liquidità nel mercato finanziario pari a 50 miliardi di yuan. I dati deludenti sui fondamentali dell'economia cinese, in controtendenza rispetto alla crescita dei mercati azionari hanno causato il panico di molti piccoli investitori giunti negli ultimi mesi nel mercato e il forte sgonfiamento della bolla speculativa ha generato il panico.
Tuttavia il clima d'ansia che si è diffuso prima in Cina poi nel mondo intero è sovrastimato. Certo il mercato azionario si è ridotto del 20% dal 12 giugno, quando è scoppiata la 'bolla cinese', ma nonostante ciò il valore della Borsa di Shanghai resta superiore del 100% rispetto a un anno fa. Sembra improbabile che le recenti perdite possano riflettersi catastroficamente sull'economia reale cinese. E questo perché il mercato finanziario non è così significativo rispetto all'economia cinese. Il volume degli scambi è pari solo a 1/3 del Pil cinese, mentre in molte economie, incluse alcune dei Paesi in via di sviluppo, arriva al 100%. Inoltre, solo un cinese su 30 è proprietario di azioni. Negli Usa il rapporto è uno a sette. Infine, in una nazione dove è forte la presenza dello Stato negli investimenti, la Borsa non è certo il canale preferenziale per finanziarsi come avviene negli Usa.
Pechino, nel caso la crisi dovesse prolungarsi nel tempo, si trova in una posizione avvantaggiata rispetto alle economie occidentali. Le autorità cinesi hanno uno spazio di manovra per supportare l'economia imparagonabile con il nostro. Hanno già tagliato quattro volte i tassi di interesse e sono pronte a farlo nuovamente se ce ne fosse bisogno. Lo stesso discorso vale per la necessità di aumentare la liquidità. Senza contare i poteri di regolamentazione e intervento sul mercato in mano al governo. Le banche cinesi sono completamente controllate dallo Stato, che non esiterebbe a costringerle a prestare denaro per non bloccare gli investimenti. Se questo vale per la Cina, l'Occidente ha ancora meno ragioni per farsi prendere dal panico. L'esposizione in Cina di operatori internazionali è minima poiché il sistema è molto chiuso e regolato. Insomma, secondo l'opinione di molti esperti conviene aspettare e aspettare fiduciosi la ripresa di un mercato ancora giovane e con la forza per riprendersi.
Tiziano Rugi
Foto: Stampa.it