Birmania, due reporter condannati a 7 anni per le loro indagini
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03 SETTEMBRE – I due giornalisti Reuters hanno ricevuto oggi la sentenza che li condanna a sette anni di reclusione per avere violato il segreto di Stato a seguito delle loro indagini sul genocidio dei Rohingya. Così il trentaduenne Wa Lone e il ventottenn Kyaw Soe Oo, che si sono dichiarati non colpevoli in merito alla violazione dell’Official Secrets Act di epoca coloniale, hanno dovuto accettare la sentenza che non li stupisce. “La sentenza mette direttamente in pericolo la nostra democrazia e la libertà di stampa. Mi piacerebbe dire che è molto deludente, perché distrugge il modo in cui vorremmo essere. Continuremo ad affrontare la realtà”. [MORE]
Secondo le ricostruzioni, i due giornalisti avrebbero ricevuto le fotografie di un massacro ai danni del villaggio Rohingya di Inn Din, le quali portarono all’unica ammissione da parte dell’esercito birmano che si sarebbe macchiato di azioni illecite in nome di una campagna contro il terrorismo. A detta di un ex poliziotto che ha testimoniato durante il processo, alcuni suoi ex colleghi avrebbero complottato per incastrare i due reporter. Ma la sua testimonianza non è stata tenuta in considerazione dalla Corte, suscitando così un’ondata di reazioni accese da parte di organizzazioni per la tutela dei diritti umani e associazioni della stampa. D’altra parte, gli stessi due imputati affermano di non avere mai incontrato prima di allora i due agenti di polizia che gli hanno consegnato le fotografie nel ristorante di Yangon dove poco dopo sono stati arrestati.
La questione dei Rohingya ha già suscitato le proteste della comunità internazionale, in primo luogo dei commissari delle Nazioni Uniti che hanno chiesto l’avvio di un processo internazione per crimini contro l’umanità che coinvolga i militari che hanno perpetrato questo genocidio ai danni della minoranza musulmana, il quale ha causato la fuga di oltre 700 mila rifugiati. Ovviamente, anche l’incarcerazione dei due giornalisti ha suscitato sdegno. Un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che la sentenza “mina la libertà dei media, il diritto all’informazione del pubblico e lo sviluppo dello stato di diritto in Myanmar”. Altrettanto dura la condanna degli Stati Uniti, che trovano preoccupante la sentenza “per chi difende la libertà di stampa e la transizione verso la democrazia”.
[Foto: VOA news]
Velia Alvich