Banda della Uno Bianca: 30 anni fa l’arresto dei fratelli Savi, l’epilogo di un incubo criminale
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Un’organizzazione brutale: 23 morti e 100 feriti in sette anni
Trent’anni fa, nella notte tra il 21 e il 22 novembre 1994, si chiudeva un capitolo oscuro della storia criminale italiana con l’arresto di Roberto Savi, assistente in servizio presso la Questura di Bologna. Il suo arresto segnò l’inizio della fine per la Banda della Uno Bianca, un gruppo criminale composto da sei uomini che, tra il 1987 e il 1994, seminò terrore tra Bologna, la Romagna e le Marche. In sette anni, il gruppo uccise 23 persone e ne ferì 100, lasciando una scia di sangue e paura.
Gli arresti: un’operazione che scoperchiò l’orrore
Nei giorni successivi all’arresto di Roberto Savi, la Polizia fermò gli altri membri della banda: il 24 novembre Fabio Savi, camionista, e il 26 novembre Alberto Savi, poliziotto al Commissariato di Rimini. Fabio fu arrestato insieme alla compagna romena Eva Mikula, poi assolta da ogni accusa. Seguirono il 25 novembre Pietro Gugliotta, agente operativo a Bologna, e, tra il 28 e il 29 novembre, Marino Occhipinti, vicesovrintendente della sezione narcotici, e Luca Vallicelli, agente della scuola della Polstrada di Cesena.
Il terrore come obiettivo, più che il guadagno
Alberto Capolungo, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, ricorda quei giorni con sgomento: "La gente aveva paura, persino della polizia. Si era creato un clima disastroso. Mi chiedono spesso se fossero terroristi. Politicamente non ci sono mai stati indizi, ma il terrore sembrava il loro scopo principale".
Anche a distanza di decenni, l’eco delle loro azioni risuona ancora: "Se dovessero uscire dal carcere, molte persone avrebbero ancora paura. Ma non possiamo permetterci di vivere nel timore: serve una reazione civile per evitare che simili orrori si ripetano".
Il percorso giudiziario: ergastoli e polemiche
Tra i membri della banda, Marino Occhipinti, scarcerato nel 2018, ha visto revocare il beneficio a seguito di un’accusa di maltrattamenti. Alberto Savi, detenuto in Veneto, sta seguendo un percorso di riabilitazione con permessi premio. I due leader, Roberto e Fabio Savi, detenuti a Bollate, non hanno mai ottenuto alcuna concessione.
Capolungo, figlio di Pietro, ex carabiniere ucciso nel 1991 durante un assalto all’armeria di via Volturno a Bologna, ricorda l’arresto di Roberto Savi come un misto di emozioni contrastanti: "Fu una cattura tardiva. Gli indizi c’erano, ma ci sono stati errori, processi sbagliati e omissioni. Molti sapevano, ma nessuno ha parlato".
Nuove indagini: un fascicolo aperto dopo 30 anni
Recentemente, la Procura di Bologna ha aperto un nuovo fascicolo per concorso in omicidio volontario, su segnalazione di alcuni familiari delle vittime. L’obiettivo è chiarire se vi fossero ulteriori mandanti, complicità o coperture ancora non emerse.
Conclusione
La storia della Banda della Uno Bianca resta un’ombra cupa sul sistema di giustizia e sulla società italiana, una ferita che, a trent’anni di distanza, non si è ancora rimarginata.