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ROMA, 20 GENNAIO 2015 - Dieci banche popolari verranno trasformate in società per azioni entro i prossimi 18 mesi. La decisone del governo arriva a seguito del Consiglio dei Ministri, tenutosi nel pomeriggio a Roma. [MORE]
Il premier Renzi, al termine del consiglio, ha spiegato:
«Attraverso l’articolo 1 di questo decreto legge interveniamo sulle banche popolari, non su tutte ma sulle banche popolari con un patrimonio superiore agli 8 miliardi. Sono 10 in Italia che in 18 mesi dovranno superare il voto capitario e diventare società per azioni. È un momento storico. Dopo 20 anni di dibattito interveniamo attraverso un decreto legge».
Renzi ha poi proseguito sottolineando che non è previsto «nessun intervento sulle banche di credito cooperativo, non si tratta di danneggiare la storia di piccoli istituti ma di far sì che le banche sul territorio siano all’altezza delle sfide europee e mondiali. Il nostro sistema bancario è solido, sano e serio. Ma ha bisogno di avere elementi di innovazione».
Dal canto suo, il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, ha così commentato la trasformazione delle principali banche popolari in Spa: «renderà le banche popolari più forti. È una misura che rafforza il sistema bancario italiano che andrà sempre meglio man mano che la ripresa si consolida è interesse del sistema bancario e dei consumatori».
In merito all’applicazione del decreto a dieci grandi banche popolari, il ministro ha spiegato: «La scelta quantitativa concilia la necessità di dare una scossa forte preservando però in alcuni casi una forma di governance che ha servito bene il Paese. Andranno valutati in futuro altri suggerimenti di modifica della governance».
Gli istituti bancari coinvolti dovrebbero essere: Banco Popolare, Ubi, Bper, Bpm, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare di Sondrio, Creval, Popolare dell'Etruria e Popolare di Bari.
L’approvazione del decreto è stata preceduta da diverse polemiche sul fronte politico. Già ieri il leghista Matteo Salvini, aveva annunciato la salita "sulle barricate" in difesa dello status quo.
Il presidente dei Popolari per l’Italia, Mario Mauro, attraverso una nota oggi ha detto: "Il decreto che mette in discussione il ruolo storico e il senso delle banche popolari nel nostro paese rappresenta un formidabile attacco al principio di sussidiarietà. Mi appello a tutti i ministri che hanno fatto della cultura della sussidiarietà un paradigma della propria azione politica e un modo per cercare consenso, affinchè oggi in Cdm si ottenga lo stralcio di quei passaggi che espongono le banche popolari all'aggressione dell'affarismo più deleterio".
Mentre il deputato M5S Danilo Toninelli, da Twitter ha tuonato: "Fermiamo riforma banche di Renzi. Ns b. popolari saranno mangiate da giganti finanziari. Famiglie e imprese avranno ancora meno prestiti".
Per Maurizio Gasparri non ci sono i requisiti e "il governo si deve fermare", per Renato Brunetta "serve un disegno di legge".
Piazza Affari, sede della Borsa italiana, ha invece mostrato il suo apprezzamento per gli interventi dell’esecutivo.
Scettiche, al contrario, le associazioni dei commercianti e delle piccole imprese. Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato ha affermato: «Il sillogismo grande banca-grande credito non sembra aver funzionato. Gli imprenditori non registrano miglioramenti nell’accesso al credito con gli istituti di grandi dimensioni. Al contrario, il localismo bancario ha contribuito allo sviluppo del sistema produttivo italiano rappresentato per il 95% da piccole imprese. È il modello di sviluppo fatto di intreccio dell’economia con il territorio, idoneo a reggere la sfida dell’economia globale. Per questo siamo contrari alle ipotesi di riforma delle banche popolari all’attenzione del Governo. Il modello dell’economia globalizzata va coniugato con i sistemi di economie locali che hanno fatto la storia e il successo del made in Italy».
[foto: milanofinanza.it]
Antonella Sica