Asta volantini BR: quando associare l'etica agli affari è tristemente un ossimoro
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MILANO, 29 MARZO 2012- Nei giorni scorsi abbiamo ritenuto opportuno pubblicare la lettera e l'esposto del Coisp alla Procura di Milano, mediante il quale si chiedeva l'intervento delle autorità, al fine di procedere alla sospensione dell'asta, da parte di Bolaffi, concernente un insieme di 17 lettere delle Brigate Rosse, che includeva anche il volantino-annuncio della condanna a morte di Aldo Moro. Tuttavia, l'accorato appello da parte delle vittime di una delle pagine più dolorose della storia italiana, non è stato accolto, così alle 10.30 di questa mattina, negli spazi della casa di collezionismo Bolaffi, in via Manzoni 7, si è proceduto con l'asta che si è conclusa da poco, con il lotto che è stato aggiudicato, a 17 mila euro, dalla Biblioteca di via Senato di proprietà di Marcello Dell'Utri.
La biblioteca ha motivato la scelta sostenendo di avere l'archivio più importante d'Italia sul Sessantotto e gli anni seguenti. Parallelamente, allo svolgersi dell'asta, alcuni rappresentanti del sindacato di Polizia Coisp si sono recati davanti alla casa d'aste Bolaffi a Milano, dove hanno srotolato uno striscione con la scritta, "Gli errori si pagano una vita, per taluni di essi una vita non dovrebbe nemmeno bastare". A sottolineare tutta la loro indignazione, le fotografie di Aldo Moro e degli agenti della scorta uccisi durante il rapimento ed anche la fotografia degli scontri a Milano in via De Amicis, con un giovane che con la P38 in mano sta sparando.
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Non riuscendo a bloccare l'asta, i familiari capeggiati dal signor Giovanni Berardi, orfano del maresciallo di polizia Rosario assassinato a Torino nel '78 dalle Br, avevano pensato di risolvere alla fonte il problema decidendo di partecipare, pur essendo consapevoli che non sarebbe stato facile, "Ci sono molti interessati, voci insistenti segnalano già cifre da capogiro. Ci proveremo a riparare questa ennesima offesa". Berardi, inoltre, aveva altresì aggiunto di sentirsi indignato per il fatto che le istituzioni nazionali e milanesi non fossero intervenute, "Avrebbero dovuto acquisire questi documenti perché riteniamo siano patrimonio di tutti e dovrebbero essere visibili soprattutto dai ragazzi che nei loro libri di scuola non trovano alcun riferimento a quel tragico periodo della storia del nostro Paese". "Sono indignato perché questi volantini verranno venduti come semplici francobolli e verranno acquistati da qualche sciacallo o da qualche feticista che ha piacere a vedere questi volantini senza pensare alla tragedia delle vittime delle Brigate Rosse. Davanti a queste cose penso che alla fine hanno vinto gli ex terroristi con le loro cooperative e con le loro case editrici", aveva concluso Berardi.
Da parte sua, la Bolaffi aveva più volte ripetuto che non c'era la volontà di oltraggiare nessuno, sottolineando che i volantini andavano intesi quali "documenti". Di sicuro, tali lettere sono da ritenersi dei "documenti", delle "fonti storiche" e, in quanto tali, sarebbe stato più opportuno cederli ad un apposito ente (come ad esempio una biblioteca), piuttosto che metterli all'asta al fine di realizzare un profitto: "Non è dalla generosità del macellaio, del birraio o del fornaio che noi possiamo sperare di ottenere il nostro pranzo, ma dalla valutazione che essi fanno dei propri interessi", sosteneva Adam Smith. Ed è proprio questo il punto. La pura logica dei profitti, l'obiettivo ultimo di qualsiasi attività commerciale, ha indotto la Bolaffi ad agire in tal senso, non prendendo in considerazione che "una eventuale vendita della citata documentazione risulterebbe umiliante per i cittadini italiani, lo Stato ed i suoi Servitori, oltre che pericolosamente diseducativa", come si legge nell'esposto del Coisp.
Pur essendo perfettamente consapevole di tutte le dinamiche sottese al funzionamento del mercato, davanti a casi simili, mi duole sempre constatare che affiancare un atteggiamento "etico" alla gestione degli "affari", sta diventando sempre più un'utopia. Nonostante l'articolo 41 della Costituzione italiana sancisca che, "L'iniziativa economica privata è libera", e quindi ciò implica che la Bolaffi ha esercitato un suo legittimo diritto, lo stesso articolo procede sostenendo che l'iniziativa economica privata, "Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". E, nel caso specifico, mi sembra sia stata toccata la dignità degl'italiani.
Non è una questione di colore politico, ma di pura sensibilità (almeno per quanto mi concerne), visto che, quando si parla di Aldo Moro (ma il sentimento di vicinanza si estende a tutte le vittime del terrorismo), inevitabilmente il pensiero va all'immagine del ritrovamento del suo corpo senza vita. Questo fa riemergere un misto di sentimenti che vanno dall'indignazione alla rabbia, pur essendo soltanto una spettatrice e non una parte direttamente lesa.
Tuttavia, se "tecnicamente" (ma non umanamente) posso capire le motivazioni sottese alla decisione della Bolaffi che, forse a causa di tutto questo clamore acceso sulla vicenda, ha cercato di limitare i danni (d'immagine), decidendo di devolvere i proventi relativi all'intermediazione per la messa all'incanto a sostegno delle iniziative benefiche di «Specchio dei tempi» del quotidiano La Stampa, ciò che mi preoccupa e mi indigna di più sono le persone che avevano deciso di partecipare all'asta, per acquistare i suddetti "documenti". Perchè, come afferma un'altra legge economica (Legge di Say), è "l'offerta che genera la domanda", quindi se Bolaffi ha deciso di mettere all'asta questi documenti, è perchè sapeva che avrebbero avuto un mercato, che c'erano dei privati disposti ad acquistarli e quindi ad esporli (presumo con soddisfazione) nelle proprie abitazioni, come si fa con qualcosa di bello.
Tutto questo, ribadisco, mi indigna, mi preoccupa e mi intristisce non poco. Tutta la mia solidarietà per chi si è sentito, nuovamente, oltraggiato e ferito.
Rosy Merola