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È una cosa particolare accorgersi come, dopo la ricorrenza dell’Immacolata, l’anno vecchio ormai morente si accenda di luci, colori, buoni propositi. Di solito chi finisce nel dimenticatoio si deprime, si isola, sparisce. All’anno che completa il suo corso succede invece il contrario, finendo tra botti e stelle filanti. Una speciale singolarità del “sistema terra” che ci aiuta a riflettere. C’è soprattutto da sottolineare che proprio lungo il suo ultimo respiro incrocia il Natale, per il 2016 già alle porte. Parliamo della festa più significativa per i credenti, ma solo superficialmente scintillante per quelle persone che ne vivono solo l’aspetto esteriore. Un mix imponente che fa di certo lievitare in positivo il commercio, la ristorazione, la produzione, finanche la voglia di stare assieme, tra regali, cene, musica, giochi di società. L’anomalia è però che la nascita di Cristo rischi di diventare solo un simbolo, esaurendosi in una pausa comune divisa dal mistero della grotta di Betlemme.[MORE]
Scrive tra l’altro in proposito Mons. Di Bruno: “Il Cristo che nasce porta a compimento tutte le promesse di Dio. Nulla più è da attendere o da sperare. La verità che Cristo porta in sé, è Lui stesso che ce la potrà rivelare ed è lo Spirito Santo che ce la dovrà far conoscere, conducendoci di verità in verità”. Parole queste forti, profetiche, piene di certezze, che sembrano stridere con l’aria confezionata per le feste natalizie. Il compimento delle promesse di Dio, con la nascita di Gesù, si trasformano in un patrimonio intimo e collettivo dell’umanità intera. Una ricchezza che se intesa in modo corretto è in grado di vitalizzare le cose terrene, rendendo vera felicità agli uomini. Non sono infatti i colori, gli addobbi, i tanti stimoli che prendono forma in questi giorni, né tantomeno la presenza di una ricaduta economica più visibile per la nostra bilancia nazionale e locale, a stridere con il profondo significato della natività. Si tratta di ben altro!
È il cuore dell’uomo che fa finta di trovare il significato più profondo del Natale, in un complesso di adempimenti e comportamenti che nulla colgono della grande novità che ha cambiato il mondo. Il cristiano non è per abolire la qualità della vita che il progresso ha fortunatamente messo in campo, pur con mille diseguaglianze, ma per equilibrare la capacità di governare i processi, senza dipendere da essi, diventandone in tante occasioni persino schiavi convinti. Il vero credente accompagna il viaggio umano nelle scoperte, conquiste, ricerche, innovazioni, invenzioni, ecc. Non si chiude nel suo spazio personale estraniandosi dall’ambiente che lo circonda. Vigila perché ogni cosa non sia contro la natura dell’uomo e dell’universo che gli sta attorno. Osserva che la materialità sia sotto il suo controllo, per chiudere le possibilità di inchinarsi ad essa.
Andare verso il Natale non è comunque una passeggiata qualsiasi, ma un momento centrale dell’esistenza umana. Ognuno infatti si trova a decidere in quale modo quel “bimbo che nasce” verrà a far parte della propria vita. Bisogna quindi interrogarsi con grande serenità d’animo, per capire quale pezzo dello spazio e del tempo il Figlio dell’Uomo occuperà tramite i nostri talenti, il lavoro che si svolge, la presenza sociale, l’impegno quotidiano, la fede maturata. Senza la giusta accoglienza del singolo si riduce la presenza di Dio nella storia attuale. Una responsabilità senza precedenti, ma nello stesso momento una straordinaria occasione di entrare a pieno titolo nel mistero della realtà vivente, amministrandola con sapienza e intensa gioia cristiana. Il 25 dicembre è come se Gesù bambino ribussasse alla porta del cuore dell’uomo. A lui la scelta di aprire o meno!
Egidio Chiarella
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