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SATRIANO (CZ), 12 OTTOBRE 2012 - «È il doping di squadra, più riuscito e sofisticato, nella storia dello sport». È questo il macigno che l’agenzia americana antidoping scaglia contro Lance Armstrong e il team che lo ha accompagnato negli anni di gloria della sua carriera, l’Us Postal. Già ad Agosto l’Usada aveva deciso di radiare il ciclista americano cancellando tutti i suoi successi.[MORE]
A dar forza a questo masso scagliato nei confronti del texano ci sono 26 testimonianze, molte rilasciate da alcuni suoi ex compagni di squadra negli anni delle 7 vittorie al Tour de France, la corsa più importante del mondo. Il dossier, composto da 1000 pagine, comprende tra le altre cose prove finanziare del doping di squadra oltre ad analisi e risultati effettuati in laboratorio che mostrano come Armstrong fosse dopato durante le corse vinte.
Lance quando saliva in sella a una bicicletta era proprio come il suo nome indicava e lasciava intuire: agile, rapido, veloce, letale. Oltre a un mito delle due ruote era diventato l’eroe perfetto della battaglia contro il cancro, avendo ottenuto tutti i suoi successi negli anni successivi alla lotta al tumore che lo aveva colpito ai testicoli del 1996. Dal punto di vista sportivo la storia del cowboy texano si accinge a diventare uno dei più grandi bluff a cui il mondo abbia mai assistito, una montatura accresciuta ogni giorno di più da chi ne ha sempre elogiato le sue gesta anche nei momenti in cui le sue pratiche e frequentazioni, quanto meno dubbie, iniziavano ad apparire.
I più strenui difensori di questa disciplina faticheranno a rimuovere dalla mente scene indelebili come l’arrivo sul Mont-Ventoux del 2000 insieme al suo avversario/collega di sventure Marco Pantani, quando Le Roi Americain lasciò vincere la tappa al Pirata sussurrando nell’orecchio del compagno di fuga, pochi attimi prima del traguardo, una parola d’incoraggiamento. Ma forse anche per i più acerrimi amanti di questo sport su queste immagini inizia ad addentrarsi una nube di amarezza e delusione.
A tutte le accuse mossegli lo statunitense ha risposto rinunciando a difendersi. Tuttavia, va detto che i test effettuati su di lui ai tempi delle corse non hanno mai confermato il comportamento illecito, ma, se è stato definito il doping più artefatto della storia, questa potrebbe essere la spiegazione al perché sia risultato sempre negativo. Si è venuta così a creare una doppia visione su questa sua presa di posizione: chi la giudica come un’ammissione di colpevolezza e chi la considera una scelta giusta per l’eccessivo accanimento nei suoi confronti.
Della situazione venutasi a creare a perderci davvero però non sono Armstrong o i suoi tifosi, ma è il mondo del ciclismo e dello sport in generale ad uscirne ancora una volta sconfitto, abbattuto, umiliato. Con le vicende doping di Contador e Lundis prima di lui, sugli ultimi 14 vincitori del Tour ben 11 sono stati intaccati dall’ombra del doping, chi più chi meno. Viene quasi naturale chiedersi quale altra competizione che presenti questi numeri abbia il coraggio di continuare ad esistere.
(foto da www.outdoorblog.it)
Massimiliano Chiaravalloti