L'Anello Debole, disagio sociale "senza pietismi e banalità". Intervista a Stefano Trasatti
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CAPODARCO DI FERMO, 21 OTTOBRE 2011 - Stefano Trasatti, direttore di Redattore Sociale, da anni coordina e organizza il premio L’Anello Debole. Il Premio, quest’anno alla sua settima edizione, è bandito dalla Comunità di Capodarco, che da anni è impegnata nell'accoglienza di persone in difficoltà e ha sempre posto attenzione anche a come le notizie sociali sono diffuse. Per questo organizza dal 1994 un seminario di formazione annuale destinato ai giornalisti, chiamato Redattore Sociale. Da qui l’idea, nel 2001, di dare vita a un’agenzia di stampa omonima che si occupasse di notizie sociali. [MORE]
Dal 2005 la Comunità bandisce il premio L'anello debole, da assegnare ai migliori esempi di trasmissioni radiofoniche, televisive, opere cinematografiche brevi, che abbiano narrato fatti e vicende della popolazione italiana e straniera definibile “fragile”, perché “periferica” o “marginalizzata”.
Stefano, Come nasce l’idea per questo progetto? Avete avuto difficoltà nel presentarlo e realizzarlo?
Il progetto è nato da Giancarlo Santalmassi durante un seminario di Redattore Sociale a Capodarco nel 2004. L’idea era di creare un premio che parlasse degli “anelli deboli” della società in video e audio, quindi anche alla radio. All’inizio la peculiarità del premio, rispetto ad altri, era proprio il coinvolgimento della radio.
Ovviamente noi, come agenzia di stampa che si occupa di temi sociali, abbiamo subito accolto questa idea.
Le difficoltà che abbiamo incontrato sono state di due tipi. Primo: la nostra agenzia non aveva ancora competenze multimediali, ora ci siamo molto “evoluti” sotto questo punto di vista cercando di educare i nostri giornalisti rendendoli capaci di produrre materiale non solo cartaceo. Secondo: all’inizio le opere che ci venivano inviate non erano di alta qualità quindi abbiamo fatto molta fatica a selezionarle.
Quest’anno c’è stata una svolta rispetto alla qualità delle produzioni, molti video -maker e giornalisti di successo, che una volta “non ci filavano”, si sono interessati al Premio. La difficoltà più grande rimane però quella delle tematiche affrontate: le tematiche sociali, che spesso interessano solo una nicchia di persone, sono difficili da diffondere nel panorama nazionale. Però quest’anno c’è stata appunto crescita e diffusione, per questo siamo molto meravigliati.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
L’obiettivo è di tipo culturale. Vogliamo portare alla luce produzioni audio e video che si occupino di temi sociali in maniera diversa, originale, rispetto al modo in cui solitamente la televisione e i media affrontano queste tematiche, o a volte non affrontano affatto.
Vogliamo evitare approcci pietistici, tradizionali e banali. Per esempio, tra le produzioni, uno dei più apprezzati è stato un corto di animazione che si occupa della disabilità in maniera comica e ironica. Inoltre, vogliamo coinvolgere non solo autori che scrivono ma produttori di audio e video. È quindi un modo per completare l’attività di Redattore Sociale.
Quali sono le novità in questa settima edizione rispetto a quelle precedenti?
Una novità piccola ma significativa è quella dell’introduzione della sezione “Cortissimi”, ossia video molto brevi fatti con telefonini. Sarà assegnato un premio per questa categoria ed è molto importante perché questo tipo di produzioni saranno il futuro dell’audiovisivo.
Un’altra novità è la serata con le “Iene”. Nella stessa giuria è presente una “iena storica”: Andrea Pellizzari. Abbiamo coinvolto 5 tra gli autori più conosciuti della trasmissione televisiva.
Secondo quale criterio vengono selezionate le opere?
Ovviamente uno dei criteri è l’aderenza ai temi del Premio, quindi tematiche di carattere sociale. Poi sono importanti la qualità tecnica e, soprattutto, la non autoreferenzialità delle produzioni. Molto spesso, i video sono prodotti da associazioni o enti che vogliono fare autopromozione. Questi vengono scartati. Importante infine, come ho già detto, è evitare enfasi e pietismo.
Come viene finanziato il progetto?
Attualmente riceviamo contributi solo da enti pubblici locali come il Comune, la Provincia e la Regione. In più qualche fondo arriva dalla Cassa di risparmio di Capodarco. Suscitare interesse nei finanziatori nazionali, più grandi, non è facile. Quest’anno abbiamo avuto non pochi problemi e abbiamo autofinanziato gran parte del Premio, c’è stata una perdita abbastanza grossa.
Il pubblico come ha reagito al progetto? C’è interesse? Quanto pubblico ha partecipato alla scorsa edizione?
La quantità di pubblico presente al Premio è abbastanza irrilevante. Si tratta di un evento che ha successo pressoché a livello locale, non è come un Festival al quale partecipa un pubblico che proviene da tutta Italia. L’anno scorso saranno state presenti 200- 300 persone.
E i giornalisti come hanno reagito al progetto?
Diciamo che anche in questo caso la risposta numerica non è rilevante. La cosa però interessante è che solitamente noi invitiamo i finalisti a partecipare alla premiazioni e notiamo che tra di loro ci sono scambi di idee, di esperienze, questo è abbastanza insolito e difficile da ottenere in altri contesti più grandi. Importante è poi il legame del Premio con il seminario, che facciamo qui tutti gli anni, durante il quale vengono proiettate le opere vincitrici. Questo permette di dare più visibilità al progetto che solitamente viaggia più sul web.
Nel corso del tempo c’è stato un cambiamento nelle tematiche affrontate dalle opere, privilegiando alcuni argomenti rispetto ad altri? Se questo cambiamento c’è stato, da cosa dipende? (È possibile che dipenda dall’attenzione che i media riservano ad un argomento oppure le opere sono svincolate dal fluire mediatico) ?
Innanzitutto possiamo dire che ci sono tematiche che ormai sono degli evergreen come l’immigrazione, la disabilità e la povertà ,che quasi sempre sono affrontate nelle opere presentate. Poi, ovviamente, il Premio è molto legato all’attualità quindi alle tematiche più in voga a secondo del momento. Quest’anno, ad esempio, sono state presentate molte opere dedicate alla “primavera araba”. In passato erano l’Iraq o l’Afghanistan le grandi protagoniste.
C'è una sola opera, tra quelle presenti nell'archivio di quest'anno, che affronta il tema della sostenibilità ambientale. Considerando che quest'anno le tematiche ambientali, o più genericamente, quelle relative ai "beni comuni" sono state particolarmente al centro dell'attenzione anche in relazione ai referendum che hanno fatto emergere il dibattito, come mai gli autori hanno preferito concentrarsi su altre tematiche?
In realtà erano presenti altre opere legate alla tematica ambientale ma sono state scartare a causa dell’inadeguatezza tecnica e di qualità. Secondo me dipende molto anche dai riferimenti di Redattore Sociale perché noi, come le persone a cui inviamo il bando, ci occupiamo principalmente di temi sociali classici. Per questo i temi del disagio sociale sono prevalenti, dipende molto dalla diffusione del bando. Il tema ambientale è stato appena introdotto ma sta crescendo. Il binario della tematica ambientale è un binario che spesso non coincide con chi lavora nel sociale ma ci è venuto naturale unire le due cose.
Ci sono argomenti che non sono stati ancora trattati in questa, come nelle precedenti edizioni, che vorreste vedere in gara?
Di grandi mancanze non ce ne sono. Negli anni passati la disabilità non era stata rappresentata in maniera buona ma quest’anno anche questa lacuna è stata colmata, ci sono opere molto interessanti e di qualità su questo tema. Forse una tematica che non è stata ancora rappresentata correttamente è quella dell’impegno sociale, del volontariato. Il problema è che questa realtà è difficile da rappresentare in maniera non autoreferenziale perché molto spesso quelli che producono opere legate a questa tematica sono le stesse associazioni che si occupano di volontariato. Andrebbe studiato un modo adatto per occuparsi dell’argomento. Del resto penso che le aree tematiche siano quasi tutte ben rappresentate.
Un particolare ringraziamento a Stefano, per la sua disponibilità e cortesia.
Marika Di Cristina