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Enzo Taverniti, detto “il Cinghiale”, ex capo giovane della “società di Gerocarne” e oggi collaboratore di giustizia dopo l’omicidio del cognato Vincenzo Gallace -boss delle Preserre vibonesi- è stato citato dal pm Gianpaolo Boninsegna a deporre, presso il Tribunale di Vibo valentia, come teste dell’accusa contro Giuseppe Prestanicola, imputato per estorsione e associazione mafiosa, assolto in primo grado nel maxiprocesso “Arca”.
Il pentito spiega al pm che i cantieri dell’A3 erano divisi in lotti anche per le ‘ndrina e tutte le ziende pagavano.[MORE]
Il tratto Serre-Sant’Onofrio, all’altezza di Vazzano, era gestito Vincenzo Loielo su Vibo, invece, era gestino dal clan dei Mancuso e, nello specifico, da Pantaleone Mancuso detto “Luni u Biondu”, una figura apicale del clan di limbadese.
Taverniti dichiara che i due boss erano in ottimi rapporti, ma era Mancuso quello che avrebbe avuto fiuto per gli affari e sarebbe stato ben addentrato soprattutto negli appalti per i lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria: informava sulle ditte, diceva chi aveva pagato e non andava toccato e chi invece doveva ancora pagare.
Taverniti prosegue nella sua testimonianza aggermando che le imprese spesso si presentavano bonariamente e pagavano, in caso contrario bastava lanciare un messaggio: una bottiglia e un po’ di benzina, l’incendio di un escavatore, qualche pistolettata. Successivamente l’impresa di rivolgeva al capomafia e tutto si risolveva.
In altri casi le imprese erano “di fiducia”, altre volte la fiducia si conquistava trattando direttamente o tramite intermediari, tra questi il collaboratore di giustizia fa il nome di Giuseppe “Pino” Prestanicola, che aveva ottimi rapporti con Loielo per i lavori sull’autostrada.